Politica

Regeni, il Cairo si «vendica» e ci spedisce tutti i migranti

Dopo le tensioni con l'Italia è l'Egitto il punto di partenza privilegiato dei barconi Ieri oltre mille sono sbarcati in Sicilia. Londra: «Il piano militare europeo è inutile»

Luigi Guelpa

Lo si potrebbe definire lo sbarco dei mille se non fosse che la tragicità dell'evento ha rubato la scena all'eroismo di memoria garibaldina. In poco più di 24 ore sono approdati sulle coste siciliane e calabresi 1.003 immigrati. Sono in maggioranza siriani e sono partiti dalle coste egiziane. Ad Augusta è arrivata ieri mattina la nave della Guardia Costiera Peluso con a bordo 342 persone. Altri 250 migranti sono stati soccorsi dalla nave Merkarhu, per poi sbarcare nel porto di Catania. Un'altra imbarcazione, la Rio Segura, con a bordo 173 migranti è arrivata al porto di Palermo nel tardo pomeriggio. Un'ennesima nave, la Acquarius, è stata accolta con 238 migranti nel porto di Crotone.

L'Italia si rafforza nel suo triste primato di terra privilegiata degli sbarchi. I paletti posti sulla rotta balcanica, e gli accordi Ue-Turchia, che forniscono ossigeno alla Grecia, si fanno sentire e l'autostrada mediterranea non smette di essere corsia preferenziale per i nuovi arrivati. Chi riteneva che il ventre molle della tratta degli immigrati fosse l'anarchica Libia deve ricredersi. Gli ultimi disperati arrivano dall'Egitto, e non sarebbe affatto casuale la differente «stazione» di partenza verso la speranza. Sulle nuove coordinate dei viaggi di sola andata pesa con molta probabilità la querelle fra Italia ed Egitto a proposito del caso Regeni. Nonostante l'influenza dell'Eni nella regione, e i recenti accordi per lo sfruttamento dei giacimenti di gas a Zohr, l'Italia rischia di pagare un tributo pesantissimo in termini di immigrazione. Il sospetto che Al Sisi stia volutamente allentando i controlli sulle partenze, per vendicarsi dell'Italia tramite l'invasione, meriterebbe qualche chiarimento tra le diplomazie dei due Paesi.

Tutto questo mentre sul fronte libico si registra l'ingresso nelle acque territoriali di Tripoli di unità navali che partecipano all'operazione Eunavfor Med, per formazione di attività e addestramento della Guardia costiera dopo l'insediamento del governo di Fayez Serraj. Operazione che però viene definita «fallimentare» dalla Camera dei Lord britannica. Secondo Londra il piano ideato tra gli altri dalla Mogherini, che prevede tra l'altro la distruzione delle imbarcazioni di legno «ha spinto gli scafisti a utilizzare dei gommoni, mettendo ancora più a rischio le vite dei migranti».

Tornando alle questioni italiane ieri a Catania e Crotone sono sbarcati soprattutto siriani, ma l'Italia resta meta privilegiata degli immigrati dell'Africa nera. I barconi raccolgono di tutto: i profughi che fuggono dalla mattanza dei Boko Haram in Nigeria e dagli Al Shabaab in Somalia ed Eritrea, ma anche drappelli di furbetti alla ricerca del presunto eldorado nonostante le condizioni accettabili dei Paesi d'origine. Resta emblematico il caso della Costa d'Avorio: dei 25mila profughi arrivati da gennaio in Italia, circa 3mila sono ivoriani. Da cosa fuggono? Se lo domanda persino il ministro degli affari sociali Mariatou Kone che ha chiesto ai 20mila profughi da poco partiti, e intercettati in Liberia, «di tornare indietro per ottenere sostegni economici del caso». La Costa d'Avorio è il paese africano che ha sviluppato la miglior crescita economica dal gennaio 2015 a oggi. Senza dimenticare che le elezioni dell'ottobre 2015 sono state sostenute e applaudite dalla comunità internazionale. Da allora una serie di leggi e amnistie sono state messe in campo per reintegrare i rifugiati e mettere nelle condizioni chi vorrebbe partire di integrarsi nel tessuto sociale.

Discorso differente per i rifugiati del Gambia. Dal 2014 a oggi l'Italia ne ha accolti circa 17mila. «Esiste una strategia per costringere i disperati del mio Paese a fuggire e a riversarsi in ultima battuta in Italia», aveva raccontato il leader dell'opposizione Solo Sandeng a una radio di Dakar lo scorso 12 aprile. Due giorni dopo è stato arrestato e il 16 aprile è deceduto per le conseguenze di un feroce pestaggio.

Il Gambia è nelle mani di Yahya Jammeh, un presidente che non nasconde i rapporti con Boko Haram e che si vanta di aver costituito un califfato islamico prima di Al Baghdadi.

Commenti