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Regionali, patto vicino Fi-Lega Accordo con Alfano per il Sud

Schiarite in vista, manca solo l'incontro Berlusconi-Salvini per sancire l'ufficialità Zaia corre in Veneto, Toti in Liguria e Bergamini in Toscana. Con Ncd in Campania

Regionali, patto vicino Fi-Lega Accordo con Alfano per il Sud

A ccordo in vista tra Forza Italia e Lega nella partita-alleanze. Ancora niente di ufficiale perché si attende che i due leader, Berlusconi e Salvini, mettano il timbro all'accordo. Tuttavia i rispettivi ambasciatori dei due partiti continuano a lavorare e si mormora che sia imminente una schiarita. Il patto prevederebbe, con tutti i condizionali del caso, un'intesa in tutte le Regioni interessate al voto. In Veneto gli azzurri appoggeranno la corsa di Luca Zaia mentre il Carroccio farà un passo indietro in Toscana e Liguria ritirando gli attuali candidati Claudio Borghi ed Edoardo Rixi; soltanto a patto, però, che nelle due Regioni corrano i forzisti Deborah Bergamini - nella sua Toscana - e Giovanni Toti, in Liguria. Non solo: il patto prevede anche che la Lega rinunci a presentare una lista di disturbo in Campania, favorendo così la rielezione del governatore uscente Stefano Caldoro. Campania dove dovrebbe reggere l'intesa con l'Ncd. Queste le clausole del «contratto» a cui mancano le due firme in calce.

Berlusconi, che ieri era atteso nella Capitale, rimanda il suo rientro a Roma perché colpito da influenza. Poco male, anzi meglio. Così se ne sta lontano dalle beghe di partito che ogni giorno sembrano aumentare. Forza Italia è vicina al caos e lo ammette perfino un fedelissimo come Altero Matteoli che in un'intervista al Quotidiano Nazionale parla senza peli sulla lingua: «Punto primo: Forza Italia; punto secondo: Raffaele Fitto; punto terzo: la Lega; punto quarto: l'Ncd». Per l'ex ministro sono queste le priorità per far ripartire il centrodestra ma, prima di tutte, «occorre che Berlusconi si renda conto che o si riorganizza il partito oppure tanto vale lasciar perdere. Silvio deve rimettersi a capo di Forza Italia per davvero, con lo spirito del '94». Una scossa al leader affinché riprenda in mano le redini del partito ma senza cacciare nessuno, in primis il ribelle Fitto. Proprio Matteoli sta lavorando per una difficile ricucitura con l'ex governatore pugliese.

Il quale, martedì sera, ha radunato i suoi all'hotel Adriano di Roma per fare il punto della situazione. Nervi tesi tra i parlamentari vicini a Fitto anche perché era fresca la rimozione alla presidenza della commissione giustizia del fittiano Gianfranco Chiarelli che aveva attaccato duramente Toti e la Rossi in Aula. Più che altro è stato uno sfogatoio con l'immancabile divisione tra falchi e colombe. A spingere perché Fitto rompa gli indugi e faccia una sua lista in Puglia contro Schittulli ci sono tutti i pugliesi, appoggiati dai campani. Sono principalmente loro a non credere possibile alcuna ricomposizione: «Tra epurazioni e censure ci faranno fuori tutti; bisogna agire subito; è ora di far decollare la nostra proposta politica», dicono. Di contro la tesi delle colombe: «No Raffaele, non devi correre in Puglia; primo perché ti macchieresti dell'accusa di aver rotto il centrodestra; secondo perché non puoi fare solo il “Re di Puglia” ma ambire a un ruolo nazionale». Parlano Bonfrisco, Bianconi, Milo e Minzolini che più che fittiano è minzoliniano: «Bisogna trovare una mediazione. Se andiamo avanti così facciamo la scissione dell'atomo», dice l'ex direttore del Tg1.

Fitto non vuole sbagliare le sue prossime mosse e prende tempo: «Occorre aver pazienza; aspettiamo di vedere cosa succederà con il Carroccio». Se infatti non dovesse chiudersi l'accordo con la Lega, per l'ex governatore sarebbe più facile dimostrare che Fi perde a prescindere da Fitto. E un segnale di ricomposizione arriva proprio dalla Puglia.

Pare che il candidato «lealista» Schittulli ieri fosse in treno per Roma per andare a parlare con Berlusconi e offrire la sua testa: «Caro presidente - avrebbe voluto dire il candidato governatore - per ricomporre con Fitto sono pronto al passo indietro».

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