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Il Regno Unito è diviso May senza maggioranza Corbyn in recupero

Exit poll deludenti per i Tory. Sembra difficile formare un governo. La sterlina perde l'1,2%

Il Regno Unito è diviso May senza maggioranza Corbyn in recupero

Chi troppo vuole nulla stringe. A volte i vecchi proverbi ci prendono meglio di tante ampollose analisi e questo sembra essere il caso. Il caso di Theresa May, la premier conservatrice britannica che governava con una manciata di seggi di vantaggio, doveva condurre in porto una complessa negoziazione sull'uscita del suo paese dall'Unione europea e aveva deciso di sciogliere le Camere scommettendo sui sondaggi favorevoli per ottenere una maggioranza solida e diventare la seconda regina d'Inghilterra. Quell'incoronazione non è arrivata. Vincere ha vinto, secondo gli exit poll resi noti subito dopo la chiusura dei seggi, ma con numeri assolutamente deludenti: con la maggioranza relativa fissata a 326 seggi, i conservatori si fermerebbero a 314 (ne avevano 330), mentre i laburisti del massimalista Jeremy Corbyn arriverebbero a 266: non male ma meno di quanto avevano sperato. Al terzo posto un altro sconfitto: il partito nazionalista scozzese, che alle ultime legislative aveva fatto il pieno di seggi (56 su 59) e sarebbe precipitata a 34.

Chi ha vinto allora? Nessuno. Non la May che ha perso la sua scommessa comunque vada, anche se stamattina i voti reali dessero ai conservatori una maggioranza risicata che gli exit poll avevano loro negato; non Corbyn, che resterà in ogni caso all'opposizione; non la scozzese Nicola Sturgeon, che sperava di offrire a Corbyn un appoggio decisivo per formare una maggioranza e ha preso invece una franca bastonata; non il liberale Farron, che non ha saputo sfruttare l'opportunità offerta dal fatto di essere rimasto l'unico alfiere dell'europeismo battuto al referendum di un anno fa. E neanche l'Inghilterra, che nella migliore delle ipotesi si ritroverà con un governo debole guidato da una premier con addosso lo stigma della perdente.

A confermare che si tratta di un risultato infelice per il Regno Unito è arrivato il verdetto della quotazione della sterlina, che ha reagito perdendo l'1,2% rispetto all'euro. Se gli exit poll fossero confermati la posizione negoziale britannica sulla Brexit sarebbe verosimilmente indebolita e a Bruxelles un simile risultato sotto alcuni aspetti certamente non dispiace.

Sono anche arrivati i primi commenti dei dirigenti conservatori, improntati alla preoccupazione. Se il ministro della Difesa Michael Fallon invita ad aspettare i risultati veri, memore della bella sorpresa di due anni fa che incoronò David Cameron sul filo di lana, il suo ex collega delle Finanze George Osborne non esita a parlare di «una catastrofe se gli exit poll fossero confermati».

È un fatto che il sistema elettorale britannico sembra fatto apposta per riservare sorprese fino all'ultima scheda scrutinata. Ieri sera infatti ben 76 seggi su 650 venivano considerati too close to call, ovvero quasi in parità: e questo suggerisce di prendere con adeguata cautela i numeri snocciolati dagli exit poll, che in fondo sono solo - come ha ricordato Fallon - dei sondaggi post-voto.

La verità sarà nota all'alba, e quindi al momento in cui scriviamo non la conosciamo. Quello che è certo è che sarà difficile trovare, nel piccolo gruppo di leader rivali ma uniti nella sconfitta, qualcuno disposto a riconoscere di aver perso. Il compito più difficile sarà quello di Theresa May, che in circostanze meno difficili per il suo Paese potrebbe anche considerare di dimettersi, avendo chiaramente mancato l'obiettivo che si era prefissa. Probabilmente, invece, stringerà i denti e si acconcerà a cercare tra i pochi eletti dei partiti minori (ma i liberali le hanno già detto di no) e regionali i voti che (verosimilmente) le mancano per formare un governo.

Il suo destino politico, però, appare segnato, ed è certo che la battaglia interna nei conservatori per individuare il leader del futuro è già cominciata in queste ore.

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