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Renzi ha paura del voto: trama per il rinvio a Roma

Nella Capitale il Pd non ha ancora un candidato (pure Gabrielli ha detto no) e il premier vorrebbe usare il Giubileo per rimandare le elezioni. In attesa di un assist dalla Santa Sede

Renzi ha paura del voto: trama per il rinvio a Roma

Il prefetto no: Franco Gabrielli, già più volte sondato, dice che non vorrebbe proprio schierarsi. Poi negli ultimi tempi, dopo che come reggente del Campidoglio gli è stato preferito il suo collega Francesco Paolo Tronca, i rapporti con Palazzo Chigi si sono alquanto raffreddati. Roberto Giachetti, allora, ex radicale, vicepresidente della Camera, renziano della prima ora. Potrebbe essere lui il nome giusto per Roma? Non si rischia che l'elettore si chieda «Giachetti chi?».Un partito terremotato, un centrosinistra ancora traumatizzato dopo la singolare esperienza del marziano Ignazio Marino, una città in cattive condizioni, una serie di sondaggi raccapriccianti, un candidato che stenta a prendere forma. Risultato, in tarda primavera, quando si voterà per le comunali, il Pd rischia di non arrivare nemmeno al ballottaggio. E visto che pure a Napoli le prospettive per i democratici non sembrano molto buone, trovarsi anche un grillino al Campidoglio per Matteo Renzi potrebbe essere davvero troppo.Così, raccontano, da qualche settimana il premier starebbe accarezzando l'idea di rimandare le elezioni a Roma all'anno prossimo. Senza la Capitale, un'eventuale sconfitta a Napoli sarebbe infatti ben assorbita da un'affermazione di Giuseppe Sala a Milano. Sempre che Mister Expo, insidiato da Francesca Balzani, vinca le primarie.Il problema è il come: quale scusa trovare, quale appiglio giuridico, quale motivo di forza maggiore giustificherebbe un decreto del governo senza che il provvedimento sembri una manovra politica. Qualcuno ha pensato alla Libia. Dopo l'accordo di unità nazionale firmato in Marocco tra alcune delle fazioni in lotta e il futuro ripristino di un'entità statale a Tripoli, potrebbe esserci la necessità di una qualche forma di intervento militare internazionale in chiave di difesa anti-Isis, probabilmente a guida italiana. Attività di polizia, di addestramento, di intelligence: basterebbe tutto ciò a chiamare in ballo l'articolo 78 della Costituzione, quello che delibera lo stato di guerra e a conferisce al governo i poteri necessari? Non si vota a Roma perché si spara in Libia? Sarebbe una forzatura che il premier non intende fare. Tanto più che dopo i fatti di Parigi Renzi ha accuratamente cancellato la parola guerra dal suo vocabolario.Non resta che il Giubileo. Questo sì è un evento straordinario, che coinvolge proprio una città dove si deve votare per il Comune (sindaco, Consiglio comunale e municipi) e che attirerà per mesi e mesi milioni di persone. Pasqua, periodo previsto di massimo afflusso di turisti e pellegrini, potrebbe grosso modo coincidere con la campagna elettorale.Dunque, Anno Santo, democrazia sospesa? Per farlo ci vorrebbe un appoggio Oltretevere, un segno del Vaticano, che ancora non arriva. Non si sa mai, c'è tempo. Qualche maligno ha notato come il governo stia evitando qualsiasi motivo di frizione con la Santa Sede. Non ha detto nulla neppure a proposito del processo Vatileaks 2, un procedimento nel quale sono imputati due giornalisti italiani per un reato che nel nostro ordinamento non è nemmeno previsto. Silenzio, non si sa mai.O almeno servirebbe la sponda del perfetto. Ma il solito Gabrielli smorza: «Le misure di sicurezza sono un elemento di rassicurazione. C'è una cornice generale di minaccia che non sottovalutiamo, ma non ci sono allarmi specifici per Roma e la Santa Sede. Il livello 4 di allerta non rimarrà per tutto il Giubileo».

Insomma, si può votare.

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