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Renzi ininfluente in Europa. E Bruxelles non fa sconti

Il nostro governo si è adeguato senza imporsi. Tajani: "Se non ti fai sentire vieni ignorato"

Renzi ininfluente in Europa. E Bruxelles non fa sconti

Roma - Se qualcosa è andato storto e non è solo colpa della Commissione europea. Se 130 mila risparmiatori hanno pagato per intero il conto del fallimento delle quattro banche del centro Italia è anche a causa della latitanza del governo guidato da Matteo Renzi. Il decreto del 22 novembre è l'applicazione alla lettera delle regole del bail in (il fallimento delle banche pagato dagli investitori, creditori e correntisti). «All'Italia non è stato concesso nessuno sconto perché Roma, ancora una volta, non ha saputo giocare le sue carte», spiegavano ieri fonti Ue. La trattativa era iniziata male (con le resistenze della Commissione sulla Bad Bank) ed è finita ancora peggio, con un bagno di sangue per azionisti e obbligazionisti di Banca Marche, Etruria, Chieti e Ferrara. Poteva andare diversamente, è la tesi che prevale nelle istituzioni europee. Qualcuno si poteva salvare, in particolare i piccoli risparmiatori che hanno sottoscritto le obbligazioni. Ma il governo ha brillato per assenza.Il come lo ha spiegato Antonio Tajani. Esponente di Forza Italia, vicepresidente del Parlamento europeo, ex vicepresidente della Commissione europea. I tedeschi sono stati favoriti in casi simili e hanno salvato banche come Hsh Nordbank? Loro «hanno affrontato il problema in Commissione e l'hanno risolto perché hanno lavorato per tre anni tutti i giorni, l'Italia invece se n'è accorta all'ultimo momento. Bruxelles è un grande tavolo negoziale, se non partecipi sei destinato a perdere». Tajani ha presentato un'interrogazione per cercare di riportare l'esecutivo europeo su binari più favorevoli, nella quale chiede alla Commissione se intenderà tutelare «i risparmiatori meno abbienti». Poi se non ritenga «che l'erogazione di risarcimenti a risparmiatori sia compatibile con la normativa Ue sugli aiuti di Stato».Una fonte tecnica di Bruxelles, non legata a Tajani, conferma: i nodi sono questi, ma il governo non è stato in grado, non solo di imporli, ma nemmeno di farli inserire nell'agenda della Commissione. Nello specifico, le trattative tra il ministero dell'Economia di Pier Carlo Padoan con la direzione generale per la Concorrenza sono andate malissimo. Le regole sono chiare. Il bail in è quasi interamente in vigore. Il divieto di aiuti di stato è un principio alla base dei trattati europei. Detto questo, sull'applicazione delle regole ci sono sempre margini di trattativa. Il destino di migliaia di risparmiatori, così come il riconoscimento del fatto che a farsi carico dei salvataggi sono le banche stesse, sarebbero stati elementi da fare pesare al tavolo. L'Italia non è stata in grado di farli valere. La trattativa l'ha portata avanti il ministero dell'Economia, già alle prese con la partita difficilissima sulla flessibilità, necessaria a fare quadrare i conti della legge di Stabilità. Il governo italiano potrebbe essersi speso poco sul fronte della banche proprio per non compromettere la «finanziaria» del 2016, che contiene molte misure in deficit. Con buona pace per il destino di migliaia di risparmiatori traditi dalle banche. Oppure, più semplicemente (e questa è la tesi più gettonata a Bruxelles) ancora una volta l'Italia non è stata in grado di incidere su un dossier cruciale per il Paese. Sempre meno funzionari italiani nei posti chiavi, un solo posto di peso in Commissione, quello di Federica Mogherini, commissaria per gli Affari esteri. Posizione di prestigio, ma di scarso potere.

Il contrario di quello che serve all'Italia.

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