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Renzi lavora al suo partito. Caccia agli azzurri anti Lega

Le manovre dell'ex segretario Pd per costruire un nuovo movimento. La Boschi "regista" delle trattative

Renzi lavora al suo partito. Caccia agli azzurri anti Lega

Roma - Colloqui, pranzetti, abboccamenti con deputati e amministratori locali, «ragionamenti politici su scenari futuri». Scambi di idee e di valutazioni «in caso di crisi di governo». Insomma, dicono in Transatlantico, mancano tre mesi al congresso del Pd, ma la grande offensiva diplomatica di Matteo Renzi è partita. L'ex premier, che sta pensando di costruire un suo partito, vorrebbe pescare tra i più moderati e anti-salviniani di Forza Italia, con la convinzione che in primavera, soprattutto se vincesse Nicola Zingaretti, potrebbero cambiare molte cose. E Maria Elena Boschi, raccontano, si è già messa al lavoro contattando alcuni dirigenti azzurri in Toscana.

I vertici di Fi negano l'esistenza di negoziati, accordi o anche semplici chiacchierate. Smentiscono anche dal Nazareno. Per carità, sostengono, il nuovo partito è un'ipotesi realistica. «Ma se noi decidiamo di mettere in piedi una cosa nuova - spiega un importante senatore renziano - lo facciamo partendo dal basso, non assorbendo pezzi di vecchia classe dirigente e di ceto parlamentare». Piuttosto, aggiunge, «sono loro, quelli di Forza Italia, che si stanno offrendo a noi».

Manovre vere o fantapolitica? Finora di certo sul tappeto c'è il tweet spiazzante di Renzi postato mercoledì: «La sinistra italiana che ora sta zitta su Salvini dovrebbe chiedere scusa a Berlusconi, le sue leggi ad personam erano nulla al confronto». Molti l'hanno letto come un tentativo di rompere il ghiaccio, di preparare il terreno a un eventuale Patto del Nazareno-bis. L'ex segretario del Pd che, durante una cena con un amico forzista, ha confidato che fonderà davvero un suo partito «se mi mettono alle strette», starebbe quindi cercando di riaprire i canali con il Cavaliere anche in vista delle elezioni Europee. L'idea è quella di formare un fronte moderato che si opponga ai populisti. Secondo un recente sondaggio c'è un bacino del venti per cento da cui attingere bene.

Poi c'è l'attivismo della Boschi, che in Toscana ha sondato alcuni eletti di Fi sulla prospettiva del PdR. Ammiccamenti e prove d'intesa pure in Sicilia, dove Gianfranco Miccichè, presidente dell'assemblea regionale, ha partecipato con gran clamore mediatico alla locale «Leopolda» del senatore Davide Faraone, renziano doc. E Faraone ha apprezzato. «Io penso che dobbiamo costruire un contenitore che aggreghi tutti quelli che ritengono che Lega e M5s siano due forze populiste, pericolose, antimeridionaliste e razziste». Eccolo, il fronte repubblicano. «Il tema - ha precisato Faraone - non sono l'apparato e i deputati di Forza Italia e del Pd. Qui il tema è rivolgersi ai cittadini».

Sommovimenti locali, si potrebbe dire, anche se la Sicilia è da sempre considerata un laboratorio per l'Italia. Per non parlare dei contatti che in queste settimane ci sono stati tra renziani e azzurri. Gli emissari di Matteo hanno avvicinato gli scontenti, i delusi, quelli che non hanno più ruoli di vertice in Forza Italia. Qualcuno «era interessato», qualcun altro «voleva soltanto capire», tutti comunque hanno ascoltato perché non si sa mai. Si tratterebbe però di discorsi proiettati al futuro, ancorati a scenari ipotetici, condizionati alla lotta per la conquista della segreteria del Pd tra Zingaretti e Minniti a marzo e alla durata del governo gialloverde in carica.

Troppe variabili per poter prendere degli impegni di lungo periodo.

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