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Renzi non cambia Direzione "Orlando aiuta Pisapia, io il Pd"

Il leader tiene il punto: non parlo di coalizioni. E l'asse inedito fra il Guardasigilli e Franceschini già si sfalda

Renzi non cambia Direzione "Orlando aiuta Pisapia, io il Pd"

Porte aperte o chiuse, nella Direzione Pd il copione cambia poco. C'è il leader, già in modalità «campagna elettorale di dieci mesi», che dà la linea, c'è la fronda che la contesta.

Cambiano gli attori (stavolta sono due ministri, Andrea Orlando e Dario Franceschini a tirare dall'altra parte, in un inedito asse), ma non il risultato, anche se nel voto finale poi si allineano tutti, tranne gli orlandiani che non partecipano al voto (modello Bersani).

Stavolta il confronto interno non va in diretta streaming, come succedeva da anni (il primo ad introdurla fu il segretario Walter Veltroni), per evitare - spiegano i renziani - che il «teatrino» dei protagonismi personali oscuri la concretezza del dibattito. Il presidente Matteo Orfini esagera un po' e raccomanda a tutti gli astanti di «non twittare» dalla riunione. Ma serve a poco: nel giro di pochi minuti, quel che succede dentro la sala riunioni del Nazareno viene subito raccontato a chi sta fuori, e agenzie e siti si riempiono di virgolettati in tempo reale.

Il tema di dissenso, stavolta, sono le coalizioni: Renzi ha già liquidato l'argomento sabato scorso a Milano: la sola idea di tornare ai surreali fasti dell'Unione prodiana gli dà l'orticaria. «Non passerò i prossimi mesi a parlare di alleanze», e inseguire la piazza mezza vuota di Pisapia e D'Alema non gli pare un passatempo utile. Gli altri due invece si appassionano assai all'argomento. «Gli undici gruppi parlamentari dell'Unione me li ricordo bene», attacca Franceschini. «Ma il tema alleanze dobbiamo porcelo, perché il Pd è ben lontano dal poter vincere da solo, come si è visto nelle ultime amministrative». Nessuno, assicura, vuol mettere «in discussione Renzi, eletto da 2 milioni di voti, ma anche lui deve ascoltare gli altri». Sulla stessa linea Orlando, che perora la causa di Pisapia: «Dobbiamo aiutare lui e chi a sinistra non si è assestato sulla linea dell'antirenzismo» ad allearsi col Pd. Traduzione: bisogna staccare Pisapia dall'abbraccio mortale con D'Alema, che tenta di portarlo allo scontro frontale col Pd. La risposta di Renzi però è sarcastica: «Orlando vuole aiutare Pisapia, io preferisco aiutare il Pd». Difficile fare accordi con chi, ricorda, come Bersani e D'Alema «attacca il Pd perché è la diga contro il populismo». E per far capire che il tormentone del nuovo centrosinistra non lo avrà, usa una citazione di Francesco Guccini: «È una discussione che vi lascio, e che fa solo un favore a Berlusconi: ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me che cos'è la libertà». Una battuta ironica la riserva anche al quotidiano Repubblica, che Franceschini (frequentemente intervistato) scambia «per una sede di partito». Repubblica è, negli ultimi mesi, il ferro di lancia della rinascita della coalizione. Con l'obiettivo, sospetta Renzi, di archiviare la sua leadership.

La campagna elettorale, annuncia il segretario Pd, si farà sui temi dell'Europa: «Se la Ue chiude i porti, noi in sede di bilancio comunitario chiuderemo il rubinetto dei fondi ai paesi che non accettano i migranti». E avverte che darà battaglia anche sul fiscal compact: «Abbiamo vinto la battaglia sulla flessibilità in Europa perché dopo le Europee abbiamo posto un diktat. Ora va posto il veto all'assorbimento del fiscal compact nei trattati». Quanto allo ius soli, spiega, «è un principio di civiltà» sul quale il Pd è intenzionato ad «andare avanti», fino all'approvazione del testo, foss'anche con la fiducia.

Esclude di cercare future intese col centrodestra, ma a Berlusconi manda un messaggio: deve decidere «se vuole stare con i populisti, o con i popolari europei».

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