Politica

Renzi ostaggio di Alfano Il Pd salva Azzollini e poi si vergogna in aula

I democrat evitano l'arresto del senatore Ap per scongiurare scossoni nella maggioranza. Serracchiani: «Scusiamoci». Ira di M5S e Lega

N iente arresto: l'aula del Senato ha deciso a maggioranza schiacciante (189 a 96) e a voto segreto di dire no alla Procura di Trani, che voleva ammanettare l'esponente Ncd Antonio Azzollini.

Un risultato che ribalta il verdetto pro-arresto della Giunta per le Immunità del Senato; un gran sospiro di sollievo per l'ex presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama (che ieri, in un brillante intervento di autodifesa, ha smontato pezzo per pezzo la claudicante inchiesta contro di lui); un grosso pasticcio per il Pd, i cui voti hanno contribuito in modo significativo a respingere la richiesta dei pm. Con grande sdegno della minoranza anti-Renzi che ha subito iniziato a cannoneggiare, e che ha buon gioco nel far notare una notevole dose di incoerenza nella linea del partito, che l'8 luglio in giunta aveva votato per l'arresto: «Se si riteneva che nelle carte vi fosse fumus persecutionis , allora dovevamo dirlo e difendere apertamente quella scelta. Se l'indicazione era diversa, dovevamo tenere ferma la posizione espressa in Giunta», dice Davide Zoggia.

Del resto la vicenda Azzollini era cominciata male da subito, per il Pd: a caldo, il presidente Matteo Orfini aveva definito «inevitabile» il sì all'arresto da parte del Pd. Ma era stato prontamente frenato da Palazzo Chigi, dove si registravano sia preoccupazione per la tenuta della maggioranza (Ncd era entrata in subbuglio) che dubbi sulla fondatezza delle accuse.

Ieri ha cercato di metterci una pezza la vicesegretaria del partito Debora Serracchiani, secondo la quale «ci dobbiamo scusare, perché non abbiamo fatto una bella figura. Così si è svilito il lavoro della Giunta». Come dire (a posteriori) che bisognava tenere fermo il no. Parole che hanno non poco irritato il capogruppo dei senatori Zanda. Il quale martedì sera ha preso la decisione (condivisa da tutto l'ufficio di presidenza del gruppo, dove è ben rappresentata anche al minoranza, e comunicata anticipatamente anche a Palazzo Chigi) di lasciare libertà di coscienza ai senatori Pd, anche per evitare guai maggiori: un crescente numero di senatori, lette le carte, aveva fatto sapere di non sentirsela di votare l'arresto: «Il teorema accusatorio non sta in piedi». Se il Pd avesse scelto ufficialmente la linea del sì alle manette, c'era ormai la certezza di vederla poi smentita dal voto d'aula, a scrutinio segreto. Meglio dunque rimettersi al «libero convincimento» dei singoli.

La bacchettata a posteriori della Serracchiani è stata dunque giudicata «poco opportuna» dal presidente dei senatori Pd. E ha irritato sia gli alleati di Ncd («Una ragazzina superficiale», la bolla Roberto Formigoni) che la minoranza del Pd: «La segreteria nazionale avrebbe potuto e dovuto ricordare ai colleghi che occorreva tenere nella debita considerazione quanto valutato dalla maggioranza della Giunta, ferma restando la libertà di ogni singolo», scrivono in una nota polemica alcuni senatori dem.

E sul Pd che «salva Azzollini» si scatenano ora gli attacchi del fronte giustizialista, dalla Lega ai Cinque Stelle. Nonostante in diversi, anche in quelle file, abbiano negli ultimi giorni espresso forti perplessità: «Ero entrato qui dentro pensando che la magistratura fosse il baluardo della legalità. Dopo aver letto le carte di Trani mi son venuti molti dubbi», ha confidato il grillino Vito Crimi ad alcuni senatori di altri gruppi. Mentre diversi esponenti del Carroccio ammettevano in privato di voler votare contro: «Più che fumus persecutionis qui c'è un vero e proprio arrosto», diceva uno di loro.

Ma un conto è quel che si fa nel segreto dell'urna, un altro quel che si grida in piazza.

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