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Renzi perde la pazienza per l'ostruzionismo e avverte la fronda Pd

L'ala radicale contesta la mancanza di dialogo sulle riforme. Ironia del premier: aspiranti grillini

Renzi perde la pazienza per l'ostruzionismo e avverte la fronda Pd

RomaA Bruxelles, tra un colloquio e una photo-opportunity (con zainetto sbarazzino in spalla) al vertice europeo, Matteo Renzi non smetteva ieri di seguire quanto accadeva nel calderone ribollente dell'aula di Montecitorio, bloccata dall'ostruzionismo forsennato dei Cinque Stelle.

Ad aggiornare di ora in ora il premier, via telefono e sms, erano gli esponenti del governo e della maggioranza che seguivano le trattative con le opposizioni. Parola d'ordine: dialogo se possibile, ma niente concessioni ai ricatti. Neppure a quelli della frangia radicale della minoranza del Pd, che ieri - cavalcando il caos parlamentare - è tornata sulle barricate lanciando ultimatum al governo: o ci date quel che chiediamo (a cominciare dal controllo preventivo obbligatorio della Corte costituzionale sulla legittimità dell'Italicum), o votiamo come ci pare. «Siamo molto irritati - annunciava gravemente Alfredo D'Attorre - non c'è stata una riunione del Pd per un confronto. È sconcertante che dopo la fine del Nazareno permanga lo stesso atteggiamento di rigidità: o ci sono aperture o sui nostri emendamenti andremo avanti e li voteremo in aula». E Davide Zoggia rincarava la dose: «In aula emergeranno le divergenze interne al partito». Atteggiamento perfetto per far perdere la pazienza al premier, che già - raccontano - ha ribattezzato gli oltranzisti interni come «i nostri aspiranti grillini». Del resto, fa notare un dirigente dell'ala «dialogante» della minoranza Pd, «Matteo ha la testa dura, e chi prova a fare a capocciate con lui se la rompe: dovremmo aver imparato la lezione». Resta il fatto che la guerriglia parlamentare sta rallentando parecchio la corsa delle riforme, i decreti in scadenza incombono e il governo si prepara a nuove raffiche di fiducie per far marciare i suoi provvedimenti nelle paludose aule parlamentari. I numeri ci sono: a Montecitorio la maggioranza è salda e al Senato, il premier ne è convinto, il terrore del voto anticipato di tutti i parlamentari (Cinque Stelle inclusi) rende assai difficili inciampi tali da far vacillare il governo.

Ma il clima rischia di avvelenarsi, e ieri nei banchi Pd a Montecitorio aleggiava il timore di un'uscita di massa delle opposizioni dall'aula, col risultato di lasciare la maggioranza da sola a votarsi le riforme. Un clima di nervosismo in cui rientra anche lo scontro (indiretto) col suo predecessore Enrico Letta sull'operazione Triton all'indomani della nuova tragedia di Lampedusa, con l'ex premier che chiede il ritorno a Mare Nostrum, «che faccia perdere voti o no» e l'attuale premier che replica che «strumentalizzare i morti è triste prima che ingiusto».

E ieri Renzi se l'è presa anche con il quotidiano «amico» Repubblica , facendo seccamente smentire da Palazzo Chigi i retroscena sulla vicenda del rinvio della delega fiscale e della contestata norma sul 3%, che evocavano un contrasto con il ministero dell'Economia di Pier Carlo Padoan e attribuivano al premier la volontà di «non mettersi controvento rispetto all'opinione pubblica» sulla cosiddetta clausola «salva-Berlusconi».

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