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Renzi pressa Gentiloni. Ora vuole imporgli altre mance elettorali

L'ex premier: basta austerity. Aperture dal governo: nessuna manovra lacrime e sangue

Renzi pressa Gentiloni. Ora vuole imporgli altre mance elettorali

Roma - Dal convegno dei giovani di Confindustria a Rapallo, è il viceministro dell'Economia Enrico Morando a fare un annuncio che è musica per le orecchie di Matteo Renzi: «C'è qualche ragione per ritenere che questa famosa legge Bilancio che dobbiamo presentare tra qualche settimana non sia quella cosa lacrime e sangue' che viene descritta».

Un annuncio che va nella direzione di ciò che il leader Pd auspica, ora che - fallita l'operazione legge elettorale ed elezioni a settembre - gli toccherà farsi carico, da partito cardine della maggioranza, della prossima manovra economica d'autunno. Una manovra che, nel bene e nel male, finirà per influenzare la futura campagna elettorale che - se si arriva alla fine naturale della legislatura - sarà nella prossima primavera. E Renzi ha più volte ribadito il suo no alla «cultura dell'austerity» che «ci ha tagliato le gambe», e la necessità di rilanciare la crescita attraverso la «riduzione della pressione fiscale». Per questo il quadro dipinto da Morando può agevolare la futura trattativa tra Pd e governo (e tra governo e Unione europea) sulla stesura della futura legge di bilancio. «Ci sono mutamenti nell'orientamento politico da parte della Commissione europea molto rilevanti - nota il viceministro - e la lettera del ministro Padoan prevede la riduzione del 50% le dimensioni dell'aggiustamento strutturale previste nel Documento di Economia e Finanza». Quindi, spiega, «disinnescare le clausole di salvaguardia sarà molto più facile rispetto a quanto prevedevamo qualche mese fa».

Renzi, che ha già iniziato a discutere con il premier Gentiloni delle possibili linee di fondo della prossima finanziaria, che vorrebbe più «espansiva» possibile, dovrà comunque fare i conti con i confini imposti - sia pur felpatamente - dal ministro Padoan, che non perde occasione per ricordare che il suo compito è di «offrire al paese conti in ordine», e che le politiche di crescita non possono entrare in «contrasto con quelle di abbattimento del debito».

Fallito l'accordone sulla legge tedesca, Renzi guarda a sinistra e tende la mano a Giuliano Pisapia: «Il premio a chi raggiunge il 40% alla Camera consente di tentare l'operazione maggioritaria, anche se non è facile», dice al Corriere della Sera. Del resto, ricorda, «siamo già alleati con le forze alla nostra sinistra in molti dei comuni dove si vota. E Pisapia ha fatto il sindaco con il contributo fondamentale del Pd». E proprio la politica economica può diventare un terreno d'intesa: i «contenuti» di un programma di coalizione devono essere «tagli all'Irpef, periferie, lotta alla povertà, Jobs Act». Il reddito di inclusione appena varato dal governo va in questa direzione. Pisapia chiede la reintroduzione dell'articolo 18, ma si tratta di una richiesta di bandiera. Dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia arriva però un avvertimento: «Come si fa un'alleanza a sinistra con chi vuole smontare il Jobs Act, che ha prodotto il positivo rimbalzo del Pil?».

Renzi guarda a sinistra anche sui diritti (contando sul fatto che Ncd non può alzare la voce facendo saltare il governo) e vuole accelerare l'approvazione di leggi come quelle sullo ius soli e sul bio-testamento: «Sono ottimista che si possa fare», assicura.

E se Alfano si arrabbia, pazienza.

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