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Renzi scarica sugli altri i flop in politica estera

Il premier parla prima del vertice europeo: "Italia tagliata fuori? Colpa dei governi precedenti"

Renzi scarica sugli altri i flop in politica estera

Roma - La polemica è strisciante e sottotraccia. Ma altrettanto velenosa. Durante l'informativa in vista del vertice di oggi a Bruxelles, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha parlato prima alla Camera e poi al Senato a proposito del rapporto tra il nostro Paese e l'Europa. Soprattutto in un contesto, come quello attuale, animato da questioni di scottante importanza come i flussi migratori e la lotta al terrorismo internazionale.

«Dicono - commenta il premier, parlando a braccio nell'Aula di Montecitorio - che ci tengono fuori dal formato 5+1. Sì, perché qualche governo qualche anno fa, forse per scelta, è stato tenuto fuori dal formato sulla discussione sul tema iracheno». Il sottotesto è più dirompente: fu colpa del governo Berlusconi se l'Italia fu relegata a un ruolo da comparsa nello scacchiere internazionale. E queste allusioni servono anche per mettere le mani avanti. «Oggi recuperare non è semplice e immediato». Il premier però mostra ottimismo e coglie un legame tra la «riforma» del sistema Italia e la «credibilità internazionale» del Paese. «Il fatto che - commenta Renzi - giorno dopo giorno le riforme stanno diventando realtà dà più autorevolezza e credibilità sui tavoli europei all'Italia anche per dire che la politica europea di questi anni non ha prodotto risultati». E il riferimento è ovviamente al nodo dell'immigrazione clandestina.

Sulla gestione dei flussi migratori, aggiunge Renzi, «il governo chiede al Parlamento di condividere una constatazione: ciò che è stato fatto in questi mesi è l'orizzonte corretto nel quale l'Europa dovrebbe muoversi». Non pago rincara la dose: «L'Italia aveva colto la complessità del problema e aveva preso un approccio non legato all'isteria del momento». Arrivato a Palazzo Madama per spiegare, più o meno, le stesse cose anche ai senatori, Renzi rincara la dose preconizzando per il Belpaese un ruolo internazionale di primo piano. «Arriveremo al G7 avendo terminato un complicato percorso di riforme. Riforme su cui non tutti sono d'accordo ma che sono storiche: quali quella della Pubblica amministrazione, del sistema educativo, del lavoro, della legge elettorale e di quella costituzionale». E qui arriva il colpo più eclatante: «Se c'è una novità dopo questo lungo periodo - osserva Renzi davanti ai senatori - è che l'Unione europea ha smesso di considerare l'Italia un problema». L'Italia semmai, chiosa il premier, può essere una «parte della soluzione di tutti i problemi europei».

C'è spazio anche per inserire un passaggio sulla situazione economica come se ovviamente fosse legata alla crisi internazionale. «Ci presentiamo in Europa con la curva del debito che nel 2016 torna a scendere - spiega - Se l'Italia continua a fare quel che sta facendo siamo paradossalmente gli unici o quasi dalla parte della stabilità».

Tanto si sente parte centrale del meccanismo di controllo dell'Unione europea che ai cronisti ha anche anticipato la durata stessa del vertice di oggi. Renzi ne è sicuro: durerà al massimo fino a questa notte, senza prolungarsi a domani. Una sicurezza che fa il paio con quella sfoggiata nell'emiciclo di Montecitorio quando ha bilanciato con dovizia di dettagli i torti e le ragioni della storia più recente della diplomazia internazionale. Il terrorismo internazionale (che si muove «dalla Nigeria all'Afghanistan») si può battere solo con un fronte compatto e comune e con un «intervento culturale in termini di aiuto allo sviluppo». Le bombe, aggiunge, di sicuro non servono.

Anche sul ruolo di Mosca ha un'idea ben precisa: sbagliato escluderla prima, altrettanto sbagliato affidarle in toto la gestione della crisi siriana.

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