Politica

Renzi spaventa il Pd: fedele solo all'Italia nel mio futuro c'è altro

L'ex premier vede l'implosione gialloverde e annuncia una nuova Leopolda per ottobre

Renzi spaventa il Pd: fedele solo all'Italia nel mio futuro c'è altro

«Dobbiamo lealtà non alla Ditta ma al Paese»: Matteo Renzi lascia cadere lì la frase, nel corso di una diretta fiume su Facebook nella quale dice la sua sul voto. Ed è una frase che fa subito drizzare le antenne a chi, nel Pd «derenzizzato», attende un segnale dell'ex premier per fare «qualcosa di nuovo».

A tutti coloro che scalpitano per le scelte del nuovo segretario, la virata verso la sinistra tradizionale, il ritorno degli scissionisti bersanian-dalemiani («Che non hanno portato neanche il voto dei loro parenti», fa notare un deputato dem), le proposte troppo simili a quelle dei Cinque Stelle. E l'eccessivo trionfalismo sul risultato delle urne: «Abbiamo perso 100mila voti rispetto alle Politiche», fa notare Carlo Calenda, recordman delle preferenze. «Un buon pareggio - lo definisce Renzi - eravamo secondi nel 2018, siamo secondi oggi. Esagerava chi dava il Pd per morto un anno fa, esagera chi usa toni trionfalistici oggi». L'ex leader ci tiene però a sottolineare che una vittoria c'è stata, ed è quella dei «magnifici» sindaci dem, molti dei quali vengono dalle sue file: Nardella a Firenze, Gori a Bergamo (che ha vinto, sottolineano i renziani, grazie ad una sua lista civica che ha preso il 28%, superando di molto il Pd), De Caro a Bari, Ricci a Pesaro. «Non sono renziani, come è stato scritto, ma molti di loro vengono dalla Leopolda, che si conferma una grande scuola di formazione politica». Ed è proprio da questa ossatura, l'unica che secondo Renzi «ha il radicamento e la capacità di tenere insieme le realtà territoriali», che il «senatore semplice di Scandicci» pensa si debba partire per fare qualcosa di nuovo. E forse non è un caso se anche Zingaretti pensa ad un sindaco come futuro candidato premier: Beppe Sala, primo cittadino di quella Milano dove il Pd ha registrato un boom elettorale.

La «squadra straordinaria» dei sindaci e la rete dei «comitati civici», lanciati all'ultima Leopolda, che ora - annuncia Renzi - verranno chiamati a raccolta a livello nazionale a Milano, il 12 luglio: «E ne vedremo delle belle», promette, invitando i suoi follower a «impegnarsi per farne nascere tanti, contro un governo che sta portando l'Italia al disastro».

Ad alcuni fedelissimi, che si sfogavano con lui contro il nuovo corso zingarettiano e lo sollecitavano a muoversi, qualche giorno prima del voto Renzi ha risposto: «Calma, adesso bisogna stare fermi. Ma è chiaro che nel futuro sarà necessario costruire un nuovo progetto». Quando? Non è chiaro, anche perché per «rompere» con il Pd serve un motivo. Ma Renzi avverte: «È scritto che, di qui a qualche mese, anche il fenomeno Salvini scoppierà, come sono scoppiati i Cinque Stelle, anche grazie al nostro no ad un accordo con loro. Dobbiamo farci trovare pronti». Già in autunno, quando si dovrà metter mano alla manovra, Renzi vede il rischio di una implosione: e infatti annuncia una «edizione speciale della Leopolda» per il 18 ottobre.

Alla necessità di un «progetto nuovo» crede anche Calenda, quando spiega che per costruire una coalizione vincente, alternativa alla destra salviniana, serve «un centro liberale e democratico forte», quel partito «alla Macron» tante volte evocato e che oggi, grazie alla crescita dei partiti che fanno riferimento all'Alde e al loro ruolo determinante in Ue, riprende vigore.

Resta da vedere come si possa costruire un contenitore, fuori dal Pd ma al suo fianco, che metta d'accordo ingombranti primedonne come l'ex ministro e l'ex premier, sindaci abituati al comando nelle loro città e leader sindacali di prima linea come Marco Bentivogli, che con Calenda già lavora al progetto.

Commenti