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Renzi studia la scissione per rafforzare il governo

Vuole contare di più nei giochi di potere. L'addio solo dopo la manovra, con il consenso dei dem

Renzi studia la scissione per rafforzare il governo

La formula dovrebbe essere quella della scissione consensuale. Matteo Renzi rallenta ma non blocca l'operazione per sganciarsi dal Pd di Nicola Zingaretti. La prospettiva è chiara: fondare un movimento liberal-popolare per occupare lo spazio al centro. L'idea originaria di annunciare alla decima edizione della Leopolda (dal 18 al 20 ottobre) la nascita di gruppi autonomi in Parlamento e di un contenitore politico nuovo sarà congelata. L'ex premier vuole attendere che l'esecutivo giallorosso superi il primo banco di prova: l'approvazione della finanziaria. E soprattutto capire quale direzione assuma la discussione sulla riforma del sistema elettorale.

Con un ritorno al proporzionale puro (nel Pd nascono i primi malumori) Renzi darebbe un'accelerata alla scissione. In caso contrario sarebbe costretto a rivedere i piani. L'operazione renziana punterebbe però a consolidare (e non a indebolire) l'esecutivo Conte. Portando a quattro le gambe della maggioranza. Renzi valuta pro e contro dell'operazione, senza forzare la mano. E soprattutto senza creare uno strappo con il Pd. Due giorni fa, il segretario dei dem, rispondendo a una domanda sul rischio Renzi faccia un gruppo parlamentare, dopo la Leopolda, ha esternato la preoccupazione: «L'unica cosa che non si capisce quali motivi possano esserci alla base di un fatto lacerante. Come ha detto ieri Papa Francesco sullo scisma, io mi auguro che non avvenga uno scisma». L'ex sindaco di Firenze non vuole un divorzio al veleno. Ma un addio senza rancori.

L'operazione dovrebbe prendere il via in Parlamento. Al Senato, il regolamento vieta la costituzione di nuovi gruppi. I senatori renziani confluiranno nel Misto con un obiettivo: diventarne maggioranza e imporre il presidente. Però Renzi non vuole una guerra con il Pd. E dunque non svuoterà il gruppo dem. Ma si limiterà a «prelevare» una pattuglia per monopolizzare il Misto. A Montecitorio l'operazione renziana avrà sembianze molto più chiare. Non c'è alcun divieto per la nascita di nuovi gruppi (servono almeno 20 iscritti). Anche qui il metodo è identico: non ci sarà alcun svuotamento del gruppo dem. Le correnti che fanno capo a Luca Lotti e Lorenzo Guerini resteranno nel Pd. Anna Ascani, Roberto Giachetti ed Ettore Rosato dovranno lavorare alla composizione del nuovo gruppo. L'obiettivo non sarà il rovesciamento del governo Conte. Anzi, Renzi punta ad allargare il perimetro della maggioranza. Soprattutto al Senato, dove il rottamatore spera di raccogliere adesioni da Forza Italia e qualche leghista scontento. Il Conte bis parte da 169 voti: una maggioranza risicata. L'ex segretario del Pd confida di arrivare almeno a 180.

E confida di diventare, dopo Di Maio e Zingaretti, il terzo azionista forte dell'alleanza, con un ruolo decisivo nelle scelte politiche e sulle nomine. Con l'addio di Renzi, si riaprirebbero le porte del Pd per Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani e tutti gli scissionisti. Oltre l'operazione parlamentare, il senatore di Scandicci lavora al radicamento territoriale del nuovo movimento. Un lavoro, già ben avviato, che sta portando avanti il fido Rosato con i Comitati civici.

Che alla Leopolda potrebbero debuttare ufficialmente.

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