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Renzi tenta il blitz sul Tedeschellum

Il premier vuole disarmare la fronda e bloccare il premio alla coalizione

Renzi tenta il blitz sul Tedeschellum

Roma - Il tormentone della legge elettorale per ora va in vacanza, ma a settembre la giostra ricomincerà a girare. E in casa renziana c'è chi pensa che sarebbe una buona idea mettere le mani avanti, e farsi trovare pronti con una proposta e un'intesa politica che la renda praticabile.

Quale proposta è presto detto: il sistema tedesco, quello su cui già si era trovato l'accordo a tre con centrodestra e grillini, e che poi le faide interne ai Cinque Stelle affossarono al primo debutto d'aula. Silvio Berlusconi però è ancora di quell'idea, la Lega ci starebbe e persino Mdp, il partitino scissionista di D'Alema, ha aperto all'ipotesi, ora che le elezioni anticipate non sono più all'orizzonte. Ricucire un fronte parlamentare che sostenga il proporzionale con sbarramento è dunque possibile: «Sarebbe l'ipotesi più praticabile su cui fare un tentativo a settembre», ragionava ieri il capogruppo Pd Ettore Rosato con alcuni deputati renziani, che concordavano. Anche perché consentirebbe di mettere fine all'altro tormentone, quello del premio di coalizione, su cui insiste tutto il fronte antirenziano dentro e attorno al Pd. Una proposta che il leader Pd non ha alcuna intenzione di accogliere, visto che «sarebbe solo un regalo al centrodestra», come ripete in ogni occasione. Ed è chiaramente una manovra strumentale, da parte di chi lo propone, contro la sua idea di Pd. Il rilancio del sistema tedesco sarebbe dunque lo strumento ideale per stroncare la manovra e riprendere in mano il gioco, pensa più d'uno nel Pd. Non a caso, ieri, è subito uscito allo scoperto contro questa ipotesi il ministro Andrea Orlando, leader della minoranza interna dem. «Non sono un fan del maggioritario - spiega Orlando ma penso che la attuale legge elettorale ci consegni un sistema ingovernabile. E il sistema tedesco cambierebbe pochissimo la situazione rispetto al sistema attuale». E annuncia che, a settembre, si farà promotore di una proposta sul premio di coalizione, che sarà il cavallo di Troia per iniziare la grande manovra di autunno contro Renzi, al grido di «meglio un governo Berlusconi (col premio di coalizione, ndr) che nessun governo». Sul premio di coalizione converge ovviamente anche Dario Franceschini, che guida la fronda interna alla maggioranza renziana. La sua corrente inizia a perdere pezzi, come dimostra l'uscita del suo ex portavoce Piero Martino verso Mdp: i (molti) parlamentari franceschiniani hanno annusato l'aria, e sanno che pochissimi di loro verranno ricandidati dal segretario Pd. I più avvertiti, come Martino, si muovono in anticipo. Inutili sono state le richieste di intercedere presso Renzi e «farlo ragionare», avanzate da Franceschini a personaggi del calibro di Prodi o dello stesso Mattarella. «Renzi non ascolta nessuno, vuole solo farsi un gruppo parlamentare di persone a lui leali, tanto sa che la prossima legislatura durerà pochissimo. E poi farà qualcosa di diverso dal Pd, come Macron», sono le preoccupazioni espresse qualche tempo fa da Orlando ai suoi. Il problema ovviamente riguarda tutte le correnti del Pd, nessuna delle quali ha avuto da Renzi garanzie sulle liste elettorali per le prossime Politiche.

A settembre si muoverà anche il vecchio Romano Prodi, che ha giurato eterna vendetta al perfido Renzi che non lo ha sponsorizzato per il Quirinale, e sta organizzando un evento pubblico sul ritorno dell'Ulivo, starring ovviamente Giuliano Pisapia, in cui si parlerà anche di premio di coalizione, e sta personalmente contattando docenti, imprenditori e parlamentari Pd anti-Renzi per convincerli ad essere della partita.

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