Cronache

Riaprire i Navigli, l'idea divide Milano

I canali vennero chiusi quasi un secolo fa. Un viaggio tra storia e nuovi progetti

Riaprire i Navigli, l'idea divide Milano

Per ragioni di viabilità morirono. Per ragioni di viabilità rinascono. In mezzo, un'ottantina d'anni sognando il progresso tecnologico. Dall'Isotta Fraschini anni Trenta che aveva trasportato il Duce. Il Vate. E il latin lover, ovvero quel Rodolfo Valentino che fece sospirare i cuori femminili. Giù giù fino a oggi. A Mercedes Clk e Ferrari. Il paradosso dei Navigli sta in questi estremi che comprendono il Ventennio. La II guerra mondiale. L'Italia repubblicana del referendum. Gli anni del pentapartito. Di piombo. E di Tangentopoli. Il crollo del comunismo. Il secolo di Internet e della fibra ottica. Collante del mondo in un pugno. L'avvenire che non c'era.

I canali milanesi che dal '29 vennero progressivamente interrati perché il traffico esigeva i suoi pedaggi e l'igiene era un concetto vago, ora possono tornare a riveder le stelle. Il rutilante e congestionato paralizzarsi di inquinanti automobili che azzannano una discussa area C malata di deroghe, proroghe e restrizioni presenta il conto al contrario. Tornare alla natura. Fermare, grazie alla morfologia del territorio, l'avvelenamento dell'aria. Nell'acqua che scorre sotto le case nessuno butterebbe più i reflui - non tossici, ma luridi - che oggi un sano depuratore ripulisce in primo luogo da malsane tentazioni.

Così, dopo quasi un secolo - scarso - Milano, sognatrice futurista che aveva cancellato la poesia, vestendosi d'anonimi muri abbattendo ponti e ponticelli, ritrova l'antico. A modo suo. Mentre lancia verso il cielo il Dritto, lo Storto e il Curvo a CityLife. Mentre s'inventa Porta Nuova tutta nuova e caccia circhi e luna park di un obsoleto passato dalle Varesine stile Grande Mela all'amatriciana. Mentre si tuffa nel futuro, recupera il suo ieri. Fatto di Navigli nebbiosi. Battelli che solcano l'acqua. Venezia padana. Fatta di umori e vapori. Scorci sentimentali e baci sotto un lampione. Sapessi com'è strano, sentirsi innamorati a Milano.

Il sindaco ci crede. Presenta credenziali editoriali. Un libro che celebra i Navigli riaperti. Ma il secolo della collettività globalizzata impone le sue regole. E si voterà. Un nuovo referendum cittadino - a fine anno o ai primi del prossimo - conterà i milanesi. E, indirettamente, i consensi residui alla mussolinità. Chi vorrà la riapertura darà un colpo di spugna a una decisione di Buonanima. E un colpo di piccone al manto stradale della cerchia - appunto - dei Navigli. Si partirà da lontano, in realtà. Da Nord. Da quella Martesana che negli anni Sessanta fu mescolata al Seveso rimpolpando le acque del fiume e del Redefossi, nel quale entrambi si gettano nel loro viaggio verso sud. San Donato. San Giuliano.

Il loro destino è divorziare. Il Seveso si sposerà con il Redefossi, la Martesana donerà le sue chiare, fresche e dolci acque verso il leonardesco ponte delle Gabelle. Lungo via San Marco. La conca dell'Incoronata. Il tombon. E da via Senato giù verso la Darsena. Pian piano si procederà fin nel cuore della città. E forse si sfiorerà lo scoccare del secolo da quando i canali furono sotterrati per rendere il centro storico accessibile alle auto a quando invece saranno resuscitati per dosarne gli ingressi. Senza tasse. E il confine tornerà lì. Tra via Carducci e De Amicis. Via Molino delle Armi e Santa Sofia.

La chiusura fascista rilanciò l'ammodernamento di Milano ma ne alterò la fisionomia. La città dell'acqua non sarebbe più stata la stessa. Poi venne il biossido di carbonio. E un pizzico di nostalgia.

Anche questa la peseremo votando.

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