Politica

Il ricatto di Ali Agca finisce sulla tomba di Giovanni Paolo II

Trentatré anni dopo aver sparato a Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981, il terrorista turco Ali Agca è tornato in Vaticano a pregare sulla sua tomba nascondendo (...)

(...) dei documenti da brandire come un'arma per ricattare la Chiesa, la Turchia di Erdogan e l'Iran degli ayatollah. Si tratta di lettere e dossier che fanno luce su aspetti non del tutto chiariti sul secondo attentatore che sparò anch'egli al Papa, sul sequestro di Emanuela Orlandi, sulla sua strana fuga dal carcere di massima sicurezza di Kartal Maltepe a Istanbul diretto in Iran, sul mandato ricevuto dall'imam Khomeini di uccidere il Papa perché sarebbe stato convinto che la previsione della fine del mondo fatta dalla Madonna di Fatima dovesse comportare la scomparsa del cristianesimo e il trionfo dell'islam, ovviamente nella sua versione sciita.

Un personaggio troppo scomodo da gestire. Per questo, dopo aver verificato che non aveva i documenti di soggiorno in regola, le autorità italiane hanno deciso di espellerlo.

Se un giorno dovesse emergere che Agca è letteralmente pazzo, dovremmo prendere atto che è il folle più lucido e spregiudicato di questo segmento di storia contemporanea. La sua visita alla tomba di Giovanni Paolo II, dove ha deposto due mazzi di rose bianche, è avvenuta nello stesso giorno in cui 31 anni fa il Papa gli fece visita nel carcere romano di Rebibbia in segno del perdono cristianamente inteso. Potrebbe rivelarsi sia il gesto eclatante di un sincero pentimento sia una diabolica trovata mediatica per tenere in vita un personaggio che, al di là della cronaca che comunque gli riserva i titoli di apertura, è a tal punto pieno di sé da concepirsi come il profeta di una missione per salvare l'umanità, coniugando Gesù Cristo e Karl Marx, facendo coesistere «il cristianesimo perfetto del monoteismo assoluto» e «un nuovo ordine mondiale fondato sul socialismo scientifico dentro lo stato di diritto laico democratico».

Anche ciò che ha detto ieri sostando in meditazione davanti alla tomba di San Giovanni Paolo II lascia perplessi: «Sono ritornato nel luogo del miracolo. Qua fu compiuto il terzo segreto di Fatima. Io con l'attentato al Papa ho compiuto un miracolo. Viva Gesù Cristo, l'unico redentore dell'umanità». Agca sostiene di essere tornato a Roma «dopo 34 anni per gridare che siamo alla fine del mondo. La Madonna di Fatima ha annunciato la fine del mondo».

Agca ritiene di essere stato uno strumento di Dio per realizzare il terzo segreto di Fatima. In un'intervista rilasciatami alla vigilia della visita di Papa Francesco in Turchia lo scorso 28 novembre, ha detto: «Ho sparato per uccidere il Papa e poi togliermi la vita in Piazza San Pietro. In carcere ho capito che Dio aveva realizzato un miracolo nella stessa ora in cui il 13 maggio 1917 la Madonna parlò ai tre pastorelli a Fatima in Portogallo. Dio aveva deciso di salvare il Papa dopo che nel terzo segreto di Fatima si prevedeva la sua uccisione, e aveva scelto me come strumento di questo messaggio di redenzione. Ora devo portare a termine questa missione».

Agca dice che «tutte le religioni del mondo sono morte definitivamente», compreso il cristianesimo, e che solo Gesù Cristo potrà salvarci. Il suo Gesù è però quello coranico, è il Gesù solo uomo, profeta al pari di chi l'ha preceduto e di Maometto che per i musulmani è il «sigillo della profezia». Pertanto Agca invita la Chiesa ad «abbandonare l'idolatria del neopaganesimo e edificare il monoteismo assoluto», cioè rinunciare al dogma della Santissima Trinità, che per i musulmani equivale al politeismo, ed aderire al «monoteismo assoluto» che di fatto sarebbe l'islam.

Eppure lo stesso Agca mi aveva detto che avrebbe voluto farsi battezzare da Papa Francesco ad Istanbul e mi aveva assicurato che avrebbe voluto un battesimo pubblico. Può darsi che essere battezzato dal Papa è la condizione che lui pone per diventare cristiano, a fronte di una immediata condanna di apostasia in un Paese musulmano che si tradurrebbe nella sua condanna a morte.

Un fatto è certo: Agca ha un bisogno irrefrenabile di visibilità mediatica e, bisogna dargliene atto, ci riesce bene anche a costo di dire tutto e il contrario di tutto. È convinto che ha un conto da riscuotere e farà di tutto affinché la Chiesa, la Turchia e l'Iran lo saldino. Ma l'Italia preferisce starsene fuori da questo pasticcio internazionale: abbiamo già dato.

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