Politica

Richetti e Paul Haggis: quando la vittima è l'uomo

Anche gli uomini possono essere vittime di violenza, ma gli stereotipi non lo contemplano

Richetti e Paul Haggis: quando la vittima è l'uomo

Il panpenalismo ha fatto si che negli ultimi anni nel nostro Paese venissero introdotti nuovi reati e decine di aggravanti sulla scia della cronaca, degli allarmi sociali, e dei fenomeni mediatici.

Mai però, dagli stessi, si ricava una lezione quando vengono smontati.

Il caso Richetti che ha occupato buona parte del dibattito politico nell’ultima settimana di campagna elettorale, se non fossimo stati a una settimana dalle elezioni (ma forse a maggior ragione perché lo siamo) avrebbe potuto divenire occasione di dibattito pubblico sulle violenze subite dagli uomini, i processi mediatici, l’assurdità del codice rosso firmato dal guardasigilli Bonafede, e la facilità con cui si condannano gli innocenti, che tali restano fino al terzo grado, anche se sono maschi e se il reato di cui sono accusati è stupro.

Che in questo caso il protagonista fosse un candidato alle elezioni, e che lo scandalo sia scoppiato a pochi giorni dal voto, aggrava solo una circostanza che meriterebbe di essere analizzata anche se capitasse, come capita, a un qualunque cittadino di questo Paese.

Poiché il processo penale non si celebra sulle statistiche, e le persone, come i fatti, non sono mai uno uguale all’altro. Come non esistono pene esemplari, e condanne un tanto al chilo.

Di uomini vittime di violenza, stalking, abusi, ricatti, da parte delle donne, anche nelle mura domestiche, ce ne sono tantissimi. Ma denunciano ancora meno delle donne perchè, alle difficoltà comuni con il genere femminile, si aggiunge lo stigma della vergogna che subisce il “maschio alfa” che diventa vittima di una donna.

Ma non volendo cadere nel cliché inverso, ed eludendo dal trasformarlo in fenomeno sociale, il punto resta che anche fosse un solo uomo vittima di violenza femminile, merita le stesse garanzie mediatiche, sociali, e penali di una donna.

La mancanza di informazione sul tema rende solo l’eventuale caso di specie meno riconoscibile, e i protagonisti meno degni di giusta valutazione.

Non è un caso che alla luce dello scoop sul caso Richetti, le più risonanti voci di politici (del Pd) e intellettuali (Michela Murgia) si siano scagliate immediatamente a difesa della donna, presunta vittima ma certa accusatrice, rispolverando il concetto della difficoltà delle donne nel denunciare le violenze, e per tanto meritevoli di difesa mediatica e politica a prescindere. A questo si è innegabilmente aggiunta l’occasione di colpire un avversario politico.

Ma quel concetto, giusto e corretto per centinaia di casi, non valeva in questo. Dove la vittima, come emerso da ulteriori dettagli, è proprio Richetti, cioè l’uomo.

Il precedente dell'ultima estate

Eppure c’era un caso simile, in questi giorni alle cronache, che almeno avrebbe potuto far esitare un attimo prima di lanciarsi in difesa della donna, in quanto tale.

Il regista canadese Paul Haggis lo scorso luglio è stato arrestato in Italia mentre dirigeva un festival a Ostuni, perché una donna dopo aver trascorso tre giorni con lui, lo ha accusato di stupro.

Difronte alla denuncia della donna il giudice delle indagini preliminari di Brindisi ha messo agli arresti Paul Haggis per “l’assoluta incapacità di controllare i propri istinti e di desistere dai propri propositi in un contegno di prevaricazione e dominanza”. Nel frattempo la notizia ha fatto il giro del mondo e il regista è diventato un mostro. Regione Puglia che organizzava il festival gli ha chiesto di non partecipare agli eventi.

Due settimane dopo però gli arresti sono stati revocati perche le indagini hanno mostrato “l’assenza di contegni violenti costrittivi da parte dell’indagato al fine di consumare gli atti sessuali. Le modalità di incontro tra indagato e persona offesa la spontanea permanenza della donna presso la residenza dell’indagato anche successivamente agli abusi, i momenti di convivialità tra loro durante le giornate o l’ordinaria messaggistica dei propri impegni/spostamenti, le modalità di commiato adottate dalla persona offesa - si legge nell’ordinanza- sono espressione di una complessità di interazioni tra le parti che, anche laddove meritevole di approfondimento, allo stato affievolisce il giudizio negativo della personalità di Haggis quale soggetto incline a esercitare violenza, fisica o psichica, in danno di terzi”.

Non contenta la procura di Brindisi ha fatto appello contro la scarcerazione, ma il riesame di Lecce ha confermato la caduta delle accusa: “le notevoli incongruenze e le contraddizioni evidenziate nell'analisi della versione della denunciante gettino pesanti ombre sulla sua attendibilità compromettendo notevolmente il requisito della gravità indiziaria. Ci sarebbero numerose incongruenze idonee a sollevare il dubbio sulla veridicità delle rappresentazioni della denunciante". Vengono riportate le trascrizioni di alcune conversazioni tra la presunta vittima e il regista nei quali si evince chiaramente "un corteggiamento che la donna rivolge al regista al fine di incontrarlo e passare alcuni giorni in sua compagnia, probabilmente per instaurare una relazione personale, più che professionale, tanto che decide di condividere la medesima camera e, dunque, lo stesso letto". Di questa donna, si sottolinea ancora, si evince "la personalità volitiva e determinata che mal si concilia con la descrizione della vittima quale donna debole e soggiogata dalla personalità dell'indagato".

Insomma tra Paul Haggis e la donna che lo accusava di stupro, la vittima era lui.

Ma neppure questo caso, risolto propio durante i giorni del Richetti gate, ha fatto pensare immediatamente che la vittima potesse essere l’uomo. L’unico è stato Calenda, per evidenti ragioni di opportunità politica e conoscenza dei fatti.

Ma se come abbiamo detto il profilo pubblico della persona coinvolta oggettivamente rischiava di condizionare l’esito elettorale (e infatti Azione ha querelato Fanpage per lesione d’immagine), un episodio simile può accadere a chiunque lontano dalle telecamere e dalle elezioni. Magari senza neppure la controffensiva mediatica a difesa.

Mentre sarebbe utile per chiunque imparassimo tutti a giudicare le persone scevri dagli slogan che allontano dalla verità e dagli stereotipi che macchiettizzano i fenomeni sociali.

Anche un uomo può essere vittima di una donna.

Per qualcuno la parità passa anche da qui.

Commenti