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Riforme, tutti contro Napolitano E anche la sinistra ora lo accusa

Da Scalfari a Bindi e Mucchetti, gli ex tifosi del presidente emerito attaccano: basta invasioni di campo a favore del nuovo Senato

Riforme, tutti contro Napolitano E anche la sinistra ora lo accusa

Roma«Mi pare molto singolare che Napolitano non veda questo risvolto della abolizione di fatto del Senato. Un mono-camerale in gran parte “nominato” dall'esecutivo ci avvia inevitabilmente all'autocrazia. È questo che si vuole?». Perfino, il fondatore di Repubblica , Eugenio Scalfari, un tempo nominatosi depositario e custode dei segreti quirinalizi, ha attaccato ieri il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Il casus belli è sempre la lettera al Corriere del 6 agosto scorso con la quale l'ex capo dello Stato ha praticamente bocciato le richieste della minoranza Pd sul Senato elettivo. Quella modifica, secondo King George, «farebbe cadere l'impianto di base della riforma (l'abolizione del bicameralismo paritario, ndr ): un punto fermo dal quale non è pensabile si torni indietro». Frasi che hanno scatenato il risentimento dei dissidenti che, un tempo docili ai moniti del Colle, non hanno perso l'occasione per esternare il proprio malcontento che, probabilmente, ha radici ben più antiche.

Ne sono un esempio le dichiarazioni di ieri sul Fatto quotidiano del presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi. «L'uscita di Napolitano è stata inopportuna», ha osservato perché «non può supplire alla politica e deve portare più rispetto alla fatica del Pd, a tutti i partiti, al presidente del Senato Grasso e a Mattarella». Insomma, questo macigno nelle scarpe Rosy ce l'aveva da tempo e, ora che non è più presidente della Repubblica, si può affermare che le ingerenze di Napolitano sono fastidiose.

La sortita di Bindi rappresenta il malessere di tutta l'area un tempo prodiana del Pd che invoca «il ripensamento che riporti alle origini uliviste», pena la nascita di «una forza di governo non residuale a sinistra del Pd». Insomma, si dice «Napolitano ha esagerato» e si pensa alla «scissione». Lo stesso discorso, che sempre sul Fatto sabato scorso, aveva elaborato Massimo Mucchetti. «Un richiamo all'ordine che dà per acquisita o quasi un'unanimità di consensi giuridici», ha scritto l'ex vicedirettore del Corriere che ha attribuito al presidente emerito «la durezza burocratica che la destra comunista, pur liberale in economia, usava nei rapporti interni al Pci degli anni '60 e '70». Un Napolitano che «fa politica di parte coram populo ».

Attacchi duri anche dal «fuoriuscito» Stefano Fassina. «La lettera di Napolitano è un'invasione di campo inaccettabile, soprattutto nei confronti del suo successore Mattarella», ha dichiarato. Se si considera che Fassina, come Civati, si è fatto interprete di una strada «di sinistra», secondo lui smarrita dal renzismo, si può ben comprendere che Bindi e altri vogliano ricostruire l'area più o meno centrista come aveva indicato l'altro prodiano Franco Monaco qualche tempo fa. Non a caso proprio lui era stato tra i primi a criticare Napolitano definendo la lettera «un intervento a piedi uniti nei confronti di Grasso». Tesi condivisa anche da un altro senatore di minoranza, piddino e bresciano come Mucchetti: Paolo Corsini «La sua presa di posizione supera il limite da lui stesso recentemente invocato», aveva affermato.

È il contrappasso di un ex presidente troppo interventista.

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