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Rimini, il profeta del divorzio elegante

Decano degli avvocati matrimonialisti, giornalista e melomane. Un uomo d'altri tempi

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Ci sono gli avvocati che trasformano un divorzio in un ring di lotta libera, dove tutto è consentito, e tanto meglio se ci sono di mezzo dei figli. E poi ci sono quelli come Cesare Rimini: che in tribunale come nella vita hanno una fiducia incrollabile nel potere del dialogo, nella capacità della ragione di trionfare anche nei frangenti in cui la contrapposizione è inevitabile. Vista adesso che è arrivata al termine, la lunga avventura terrena di Rimini sembra dire che questa vocazione al confronto è stato uno degli strumenti che ha consentito all'avvocato milanese di condurre una vita invidiabile, fatta di agi, di passioni, di amicizie importanti, di rispetto.

Il brand inconfondibile della lunga barba - presto diventata candida - era nato casualmente, durante una interminabile regata negli anni Settanta: scoprì che gli stava bene, e non se la tagliò più. A quei tempi non era ancora definito «il decano dei matrimonialisti», etichetta che gli sarebbe stata rifilata qualche anno dopo, ma era già un punto di riferimento sia per i colleghi che per la stampa: d'altronde era un divulgatore istintivo e appassionato, gli piaceva parlare, scrivere, spiegare. Negli stessi anni in cui si faceva crescere la barba, teneva una rubrica di pareri telefonici per un quotidiano del pomeriggio: i lettori alle prese con angosce domestiche chiamavano e Rimini, paziente, spiegava.

La passione per comunicare gli era stata trasmessa da Arturo Orvieto, l'avvocato da cui era entrato come praticante nel 1958, e che era stato anche scrittore, articolista, voce radiofonica, colpito duramente dalle leggi razziali del regime fascista. Rimini, anche lui ebreo, ne raccolse l'eredità e la ammodernò, capendo in fretta che le trasformazioni tumultuose degli anni Sessanta avrebbero cambiato alla radice il diritto di famiglia, e che gli ammodernamenti indispensabili avevano bisogno, per essere fatti propri da un paese diviso, spiegati e capiti. L'unica volta che perse le staffe fu quando papa Woityla uscì con un appello all'obiezione di coscienza di avvocati e giudici contro la «devastante» legge sul divorzio: Rimini, con i dovuti modi, invitò la Chiesa a farsi i fatti suoi.

Decenni segnati da clienti importanti - da Marta Marzotto a Sandro Bondi - e comuni, da lavoro intensa e da vita mondana. Le sfilate di moda, la presidenza della Filarmonica della Scala, i libri di storie partigiane, le cene con Montanelli ed Enzo Biagi, le collezioni di posate da picnic e di paraphernalia sciistici, lo sfortunato appoggio a Francesca Balzani nella gara contro Beppe Sala per la candidatura a sindaco... insomma un sacco di roba concentrata in un uomo solo.

Che da oggi dovrà guardarsi nuovamente dagli agguati di Peppino Prisco, che gli tirava la barba per propiziare le vittorie dell'Inter.

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