Cronache

Rischio guerra per la successione

L'investitura del latitante Messina Denaro è in forse

L'ospedale Maggiore di Parma dove è morto Toto Riina
L'ospedale Maggiore di Parma dove è morto Toto Riina

E ora che succede? Chi sarà il nuovo capo? La domanda nasce spontanea. E se la pongono, in ottica diversa, sia gli investigatori, che grazie anche ai nuovi pentiti cercano di ricostruire, sulla base di come Cosa nostra è cambiata, i possibili nuovi leader, sia gli stessi mafiosi. In Cosa nostra il dibattito è aperto, e da tempo: «E se non muoiono tutti e due, luce non ne vede nessuno... è vero zio Mario?», chiedeva nel 2015, intercettato dal Ros, Santi Pullarà, figlio di Ignazio, lo storico capo del mandamento di Santa Maria di Gesù a Palermo, a Mario Marchese, l'ultimo capomafia di Villagrazia. Ecco, Provenzano è morto un anno fa, Riina due giorni fa. La «luce» di cui parla l'intercettazione, la possibilità cioè di fare carriera, adesso c'è. E bisogna vedere come i boss in corsa la sfrutteranno, e soprattutto se la prospettiva è quella di una nuova, sanguinosa guerra di mafia.

Un capo in pectore ci sarebbe. Ed è quel Matteo Messina Denaro che è inafferrabile ormai da 24 anni, lo stesso numero di anni di latitanza di Riina al momento della cattura, e che fino a qualche anno fa era considerato un fedelissimo del capo dei capi. Ma c'è più di un «ma» contro questa ipotesi. Intanto Messina Denaro è del Trapanese, e i palermitani, dopo anni di dominio «corleonese», potrebbero essere contrari a una sua incoronazione proprio per la sua provenienza. E poi critiche allo stesso Messina Denaro sono arrivate quando era in vita da Riina in persona. Nessuna confessione, del resto il capomafia ora defunto ha sempre proclamato: «Non mi pento, mi possono dare 3.000 anni di carcere». Ma qualche frase in libertà buttata qua e là nel 2013, durante l'ora d'aria con l'allora compagno di detenzione Alberto Lorusso: «A me dispiace dirlo questo... questo signor Messina (cioè Matteo Messina Denaro, ndr), questo che fa il latitante, che fa questi pali... queste...». Il riferimento è alle pale eoliche del Trapanese. «Eolici... i pali della luce...Questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa pali per prendere soldi, ma non si interessa di...». E poi giù considerazioni varie, l'ipotesi, vista negativamente, chefosse andato all'estero. Insomma, una scomunica vera e propria da parte di Riina, che all'epoca era il capo e che verosimilmente sospettava di essere ascoltato dalle cimici.

E se non Messina Denaro, allora chi? I riflettori sono puntati su alcuni boss in via di scarcerazione. E in particolare, restando a Corleone, sul nipote prediletto di Totò Riina, Giovanni Grizzaffi, che è uscito dal carcere qualche mese fa. Non sembra però avere il carisma giusto per arrivare in cima. Come non sembrano averlo i boss palermitani che si dividono patrimoni e affari. La partita è aperta. E in quasi 25 anni, tanti ne sono passati dall'arresto di Riina, anche Cosa nostra è cambiata. Ritiene che Messina Denaro conterà il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi: «Non so che peso potrà avere ma la sua voce deve essere sentita». Per l'aggiunto Vittorio Teresi, pm del processo trattativa, i giochi sono già fatti: «Ormai le condizioni di Riina facevano facilmente prevedere che di lì breve sarebbe scomparso.

Sono abbastanza certo che l'organizzazione si sia mossa per prendere le decisioni necessarie, o una gestione collegiale dei vertici o un tentativo di qualcuno di forzare la mano».

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