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Il risultato che c'è già

Comunque vada a finire, il Pd renziano non è elettoralmente imbattibile come si pensava dopo il 40% delle Europee

Il risultato che c'è già

Oggi si vota in sette Regioni, stanotte sapremo. Ma non bisogna aspettare lo spoglio per tirare le prime conclusioni di questa campagna elettorale. La prima è che Matteo Renzi non ha il controllo del suo partito. La seconda è che fuori dal Parlamento, dove abbaia ma non morde per paura di andare a casa, l'opposizione interna può fare davvero male al premier-segretario, come dimostrano la scissione in Liguria e il blitz di Rosy Bindi contro il candidato campano De Luca.

Il combinato di questi due fattori porta a dire che il Pd renziano, comunque vada a finire il conteggio di questa sera, non è elettoralmente imbattibile come si pensava dopo il 40 per cento di un anno fa alle Europee.

Terza osservazione. Matteo Renzi al governo si comporta da dittatore, ma fuori dal Palazzo viene a galla tutta la sua inesperienza. In campagna elettorale ha inseguito i suoi avversari - in primis Berlusconi -, a tratti ha dato l'impressione di essere impaurito: non un guizzo, uno slancio, non una di quelle bischerate, per dirla nella sua lingua, assolutamente inutili ma che piacciono alla gente. È sembrato politicamente già vecchio e poco lucido nel gestire le crisi e i trabocchetti che ha incontrato strada facendo.

La quarta osservazione è la conferma dell'assoluta inutilità dei piccoli partiti. Completamente assenti dalla campagna elettorale, hanno barattato qui e là chissà cosa in cambio di manciate di voti ma senza alcun senso politico, solo piccoli club personali al servizio del leaderino di turno. Diverso invece - quinta osservazione - il destino dei due movimenti - quello di Grillo e quello di Salvini -, che si contendono il voto di protesta. Appaiono pasciuti, ben alimentati dalle scellerate scelte economiche del governo Renzi, dal mostro fiscale che continua a crescere, dalle indecisioni con cui si sta affrontando l'emergenza immigrazione, da scandali che non accennano a diminuire.

L'ultima osservazione, non certo in ordine di importanza, è sul ritorno alla politica attiva di Silvio Berlusconi. È apparso in forma, tutt'altro che vinto o rassegnato come giornali interessati lo avevano descritto negli ultimi mesi. La sua visione folle di dare vita da domani a un grande schieramento liberal-conservatore sganciato dai ricatti e dai lacci del passato mi è sembrata l'unica novità di questa campagna elettorale.

Un domani che con un po' di fortuna e l'aiuto di chi è chiamato oggi alle urne potrebbe anche iniziare sotto buoni auspici.

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