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"È come ritornare alla tragedia della Thyssen. Cercare la responsabilità, il fato non esiste"

Il sopravvissuto alla strage del 2007: "Chi è ancora vivo si batta per la verità"

"È come ritornare alla tragedia della Thyssen. Cercare la responsabilità, il fato non esiste"

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«Come ripiombare indietro di sedici anni». Con questa espressione Antonio Boccuzzi sintetizza le sensazioni provate dopo la tragedia del treno di Brandizzo. Già parlamentare per due legislature del Partito Democratico, Boccuzzi è l'unico sopravvissuto alla strage della Thyssenkrupp, dramma che risale al dicembre 2007. «Lo stato d'animo è quello che si può immaginare. L'accostamento è semplice: c'è lo scenario, che è sempre Torino, e c'è un numero importante di vittime. Si tratta però di un rivissuto che in questi anni si è ripetuto in più circostanze».

Oggi Boccuzzi lavora in una multi-servizi e sembra essersi messo alle spalle l'esperienza da deputato dem: «Ora osservo la politica da appassionato. Ho smesso soltanto per via dei risultati delle elezioni politiche del 2018, quando non sono stato eletto». Di passi in avanti in materia di tutela della sicurezza sul lavoro, ne sono stati fatti. Il riferimento è al decreto 81 del 2008, subito dopo le morti bianche della Thyssenkrupp. «Non c'è un problema di vuoto legislativo, non esistono carenze. Il tema vero è l'applicazione della legge. Bisogna fare controlli mirati e farli fare da soggetti competenti. L'ispettorato del lavoro ha bisogno con ogni probabilità di maggiori risorse per vigilare meglio. Spesso gli ispettori girano con la propria auto e con il proprio smartphone. Abbiamo la migliore legislazione a livello europeo, si sente dire, ma c'è un salto di qualità da fare. E la sicurezza sul lavoro andrebbe sburocratizzata, privilegiando invece i controlli». Boccuzzi, appena sveglio e dopo aver letto la notizia di Brandizzo, si confronta con i familiari delle vittime della Thissenkrupp: «Sì, c'è una comunione di sentimenti analoga. Ho sentito le mamme. In questo caso c'è un morto di ventidue anni. Nel nostro, morì una persona di ventisei. Un ragazzo che viene strappato dall'amore dei suoi genitori è una tragedia immane. Se questo accade mentre sta lavorando, la tragedia è doppia. Il lavoro dovrebbe essere un mezzo per realizzare dei sogni e non diventare motivo di morte». E delle testimonianze dolorose, anche fisiche, esistono. L'ex deputato ricorda come il primo edificio visibile dall'uscita dell'autostrada per Torino sia proprio la Thyssen: «Quello stabilimento, quello scheletro di stabilimento, che ha creato morte, è la prima cosa che si vede arrivando in città. Ora bisognerà comprendere cosa vogliono farci, c'è una questione aperta legata alle diverse proprietà. Ma la Thyssen a Torino non è stato un caso isolato: già nel 2021 è crollata una gru, e anche in quella circostanza sono morti dei lavoratori». Nelle tragedie si muore, certo, ma a volta si sopravvive. Proprio come è successo Boccuzzi che dà un consiglio su tutti: «Anche io mi sono avvalso di supporto psicologico. Non bisogna fare l'errore di pensare che si sia più forti se privi di un sostegno. Non è così». Poi c'è la ricerca della verità: «Bisogna che i sopravvissuti si battano, come abbiamo fatto noi, per comprendere le cause di quello che è accaduto. Non esiste il fato. Le responsabilità vanno appurate. E chi sopravvive deve anche considerare il miracolo che ha vissuto, scampando alla tragedia. Ma il supporto psicologico non va sottovalutato, lo ripeto. Convivere con quello che si è visto durante un evento di questo tipo, necessita di un aiuto.

Suggerisco di non vergognarsi e di non pensare che se ne possa farne a meno».

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