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Il ritorno di al-Baghdadi: "Colpite Parigi"

Nuovo video del leader Isis: «L'attacco in Sri Lanka è la vendetta per i morti di Baghouz»

Il ritorno di al-Baghdadi: "Colpite Parigi"

Ibrahim Awwad Ibrahim al-Badri alias Abu Bakr Al Baghdadi, ovvero il capo dello Stato Islamico, non è uno che sgomita per comparire in pubblico. La prima e ultima volta in cui ha esibito il proprio barbuto faccione era il giugno 2014. Ma erano altri tempi. In quel momento Abu Bakr era all'apice della sua carriera. E infatti a quel tempo si presentò nella moschea di Al Nouri a Mosul per annunciare ai suoi fedeli la nascita del Califfato. Cinque anni dopo le cose non vanno altrettanto bene.

La caduta del villaggio di Baghouz, conquistato a fine marzo dai curdi e dalla coalizione occidentale ha sancito la fine territoriale del Califfato. E allora il Califfo senza più regno deve ripresentarsi in video per dimostrare ad amici e nemici di esser ancora in vita. Ma presentarsi in pubblico con un mesto cespuglio di barba mezza tinta e mezza grigia senza aver nulla da annunciare al di là della propria sopravvivenza sarebbe come ammettere la disfatta. E così le stragi dello Sri Lanka, ordite grazie alla disponibilità di un gruppuscolo di fanatici locali, diventano l'occasione per farsi rivedere. Anzi vien quasi da pensare che quelle stragi messe a segno in un isola priva di difese e contro bersagli inermi siano state architettate proprio per garantire ad un Baghdadi, sempre più solo e sempre più braccato, l'occasione per rivendicare una parvenza di successo. Un'impressione confermata dal discorso in cui il capo dell'Isis - con il capo coperto da uno straccio nero e un giubbotto mille tasche sopra una tunica scura - attribuisce ai «fratelli in Sri Lanka« il merito di aver «scaldato i cuori dei musulmani» mettendo a segno una «parziale vendetta» per i «fratelli di Baghuz», nell'est della Siria. La disperata fame di successi lo spinge perfino a celebrare vittorie che ben difficilmente può attribuirsi come la «caduta dei tiranni in Sudan e Algeria». Un'esagerazione tanto incauta quanto grossolana visto che sia il presidente sudanese Omar al-Bashir, sia quello algerino Abdelaziz Bouteflika sono stati deposti non da un'insurrezione jihadista, ma da due regimi militari che ben si guarderebbero dall'appoggiare lo Stato Islamico. Un po' più preoccupante, almeno per Emmanuel Macron, è invece la parte del video in cui il capo dell'Isis seduto a gambe incrociate con accanto un kalashnikov plaude al «giuramento di fedeltà dei suoi seguaci in Burkina Faso e in Mali» ed esorta il comandante dell'Isis nell'Africa subsahariana, Adnan Abu al-Walid al-Sahrawi a «intensificare gli attacchi contro la Francia crociata e i suoi alleati». Ma vien da chiedersi quale sia ormai il credito di un ex Califfo rintanato in qualche remoto angolo di deserto siriano o iracheno, circondato da una ristretta schiera di fedelissimi e costretto, per non esser individuato, a comunicare attraverso il passa parola o messaggi video come questo recapitati a mano dopo complessi ed elaborati passaggi.

E il tutto solo per far capire di esser ancora vivo.

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