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La rivolta dei sindaci del No per mandare a casa il governo

Al teatro Nuovo di Milano tutti in prima fila contro le riforme. E dalla sala parte un grido: "Renzi stai sereno"

La rivolta dei sindaci del No per mandare a casa il governo

Milano - A guardare le oltre 1.500 persone che ieri mattina hanno riempito il teatro Nuovo di Milano non si ha proprio l'impressione, come dicono, che Forza Italia sia morta e che il centrodestra sia finito. Alla «Maratona per il No» organizzata da Mariastella Gelmini sono venuti proprio tutti. E si vedeva. Soprattutto sono venuti, da ogni parte d'Italia, i sindaci azzurri e un solo grido comune si leva dalla sala: «Renzi stai sereno!».

Tutti i cartelli del «No» alzati e tutti in piedi contro il premier abusivo che nessuno vuole più. Melegnano, Assago, Pietrasanta, fino al più piccolo Comune del Padovano o del Torinese. In prima fila con le loro fasce tricolori: «Ci vogliamo ancora far prendere in giro da questo ragazzino toscano?». Ma non tutti i toscani sono uguali, ci tiene a precisare il sindaco di Pietrasanta, Massimo Mallegni: «Oltre a quello di Rignano, ce ne sono anche altri che non sono male. Facciamo politica perché ci piace e nell'interesse degli altri, il nostro è un servizio perché noi un lavoro ce l'abbiamo già. Questa riforma costituzionale e la finanziaria elettorale di Renzi hanno distrutto il rapporto tra territorio e cittadini. Solo per Milano ci saranno 90 milioni in meno sul bilancio 2017. Nella mia piccola città avrò 2 milioni in meno e sarò costretto a fare tagli a servizi e sanità. Questo non possiamo permetterlo».

Oltre ai sindaci c'erano anche tutti gli altri amministratori locali schierati con la Gelmini per il «No». Primo tra tutti il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, il primo a parlare e il primo ad andarsene: «Votare No perché questo governo se ne vada a casa, perché se vince il Sì Renzi non ce lo togliamo più da... Palazzo Chigi. Un governo che non ha saputo proteggere i nostri confini che non ha saputo rilanciare l'economia e creare occupazione, che nella finanziaria prende in giro gli italiani e aumenta la pressione fiscale. Questa riforma sprofonderà l'Italia in un passato cupissimo in cui tutto si decideva a Roma e i comuni non contavano nulla. Non voglio vedere questo Paese tornare ai tempi della Dc». Anche l'ex sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo difende la categoria degli amministratori locali sedotti e abbandonati dal premier di Rignano sull'Arno: «Renzi ha costruito la sua carriera sulla narrazione del fatto che i sindaci sono belli e buoni, salvo poi essere stati da lui stesso umiliati. Solo dai Comuni si può ripartire».

Dalla Sicilia arriva anche la voce di Stefano Parisi che in questi giorni non fa mancare mai il suo contributo: «La prima cosa da fare in Italia è tagliare la spesa pubblica».

E una stoccatina a Forza Italia: «È piena di giovani bravi che non riescono a emergere perché tappati da chi ha paura di perdere potere personale».

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