Cronache

La rivoluzione francese: basta con i compiti a casa

Dal 1º settembre le scuole dovranno prevedere fino a 15 ore in più per svolgerli in classe. A quando in Italia?

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Liberté, egalité, i compiti falli te. La vera rivoluzione francese passa per la scuola ed è firmata Jean Michel Blanquer, ministro dell'Educazione del nuovo governo Macron. Il Robespierre del compito a casa, che annuncia la decapitazione degli impegni casalinghi di milioni di studenti transalpini.

L'idea era stata annunciata in campagna elettorale. Certo, gli studenti per la gran parte non votano. Ma i genitori sì. E sono loro in Francia i maggiori oppositori dei tempi supplementari dello studio. Un po' perché tolgono spazio alle altre attività dei figli: lo sport, il gioco, la noia (ma esiste ancora?). Un po' perché i compiti stressano i ragazzi e costringono mamme e papà a sostituirsi ai professori, a risolvere un'equazione di secondo grado (ah, ecco), a ricordarsi la capitale della Bolivia, a cimentarsi con un'ossidoriduzione. Ed è questo il motivo per cui in teoria i compiti a casa sarebbero fuorilegge alle elementari già da decenni. In teoria, perché poi problemi e capitoli da studiare magicamente rispuntavano regolarmente sui diari degli studenti più piccoli.

Il motivo per cui il ministro transalpino vuole dare un taglio allo studio domestico ha a che fare con l'uguaglianza. Assegnare i compiti a casa significa infatti creare delle differenza lancinanti tra uno studente e l'altro. Ci sono quelli che hanno genitori che possono seguirli e aiutarli e quelli che non hanno questa fortuna. Ci sono le famiglie benestanti che possono pagare dei professori per lezioni private e sostegno allo studio e famiglie meno facoltose che devono affidarsi solo alla propria buona volontà. Ciò che secondo l'idea di Blanquer non è accettabile. Da qui la proposta di allungare fino a quindici ore mensili l'orario scolastico in modo da consentire agli studenti di studiare in classe con l'aiuto di insegnanti ad hoc. Una soluzione che naturalmente necessita di una profonda riorganizzazione dei ritmi scolastici e dell'impiego del personale. È ipotizzabile per questo che non tutte le scuole francesi saranno pronte sin dall'inizio del prossimo anno scolastico, a settembre, a garantire la copertura dell'orario pomeridiano supplementare. Quindi è probabile che si parta con solo alcuni istituti che fungeranno da sperimentazione della scuola homework-free.

La novità è contenuta in un decreto che sarà presentato oggi dal governo Macron e che contiene altre novità: la possibilità per le scuole primarie di adottare la settimana di quattro giorni, la nascita di classi bilingue ed europee, la reintroduzione dello studio del latino. Un pacchetto che secondo le opposizioni sarebbe un copia-e-incolla di una riforma già annunciata cinque anni fa dall'allora appena insediata amministrazione Hollande e che però restò lettera morta. Ora tutto sembrerebbe diverso.

Anche in Italia periodicamente si torna a parla della possibilità di cancellare un'abitudine didattica considerata da molti sorpassata. Non si è mai davvero parlato di una riforma in tal senso, ma si ricordano alcune sporadiche iniziative da parte di genitori: una mamma milanese che giustificò il figlio studente delle elementari per avere preferito «attività ricreative» ai libri scolastici. E un papà di Varese che postò su facebook la lettera con cui annunciava ai professori del figlio che questi non avrebbe svolto i compiti per le vacanze estive. L'allora ministro Stefania Giannini mesi fa, presentando la riforma della «Buona scuola», garantì che avrebbe operato una moral suasion presso i professori perché alleggerissero i pomeriggi dei nostri figli. Poi il governo è cambiato.

E la rivoluzione, come insegnano i libri scolastici, è rimasta quella francese.

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