Politica

La rom mano lesta mai in cella perché mamma

Specializzata in furti in casa, ma sempre libera. Esce dal tribunale e fa il segno di «vittoria»

Gianpaolo IacobiniEra stata sorpresa a svaligiare con un tredicenne un appartamento nel centro di Macerata, tenendo in braccio il figlio di 6 mesi. Ma per la legge italiana non può andare in carcere. Ed il Tribunale l'ha rimessa in libertà.Dalida Radosavljevic è uscita da Palazzo di Giustizia sorridente. Ai cronisti che la attendevano in strada la trentenne di origini bosniache, madre di 7 bimbi, ha regalato un sorriso. Poi, con le dita alzate al cielo in segno di vittoria, ha svoltato l'angolo ed è tornata nel lussuoso camper parcheggiato a Civitanova, condiviso con il marito ed il resto della famiglia. Nella cittadina marchigiana dovrà rimanere per rispettare l'obbligo di dimora impostole in attesa del processo, fissato per il 15 aprile. Ma fino ad allora non avrà altre prescrizioni da osservare. Soprattutto, non finirà dietro le sbarre: la detenzione cozzerebbe con la sua condizione di mamma. E così è tornata libera, a dispetto della sfilza di alias con la quale è nota alle questure di mezza Italia, che alle molteplici identità della donna di etnia rom addebitano decine di furti. Un'indulgenza scritta nei codici, ma teorizzata anche sul versante giurisprudenziale in molti casi quasi come scriminante etnica. Remo Nikolic, ad esempio, il giovane rom che nel gennaio del 2012 a Milano investì il vigile di quartiere Nicolò Savarino uccidendolo, se l'è cavata a buon mercato per le attenuanti. Concessegli per «il contesto di vita familiare nel quale è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento e dalla sostanziale assenza di scolarizzazione». Ma nel recente passato (a Torino, Bologna e Palermo) a farla franca erano state pure le madri che costringevano i figli all'accattonaggio: secondo i Tribunali giudicanti, «la condotta dell'agente era connotata da una motivazione culturale idonea a elidere la volontà di sopraffazione e violenza nei riguardi della vittima». Tutto normale, insomma, anche perché «la questua fa parte della tradizione culturale del gruppo etnico di appartenenza».Nella vicenda maceratese, invece, a pesare sono state più che altro le smagliature della legislazione nostrana. «Volevo andare a chiedere l'elemosina, poi alla fermata degli autobus ho incontrato un ragazzino di 13 anni e sono andata a rubare con lui», ha spiegato Radosavljevic in aula. Era il giorno di Pasqua. E nella casa di una pensionata uscita per recarsi in chiesa i Carabinieri l'hanno colta in flagranza, pronta a svignarsela con un po' di bigiotteria, una collana d'oro e 200 euro in contanti. Eppure, non è bastato a spedirla in galera. Nel Belpaese dei balocchi funziona così. Gli stranieri lo sanno, e ne approfittano. L'iracheno Majid Muhamad, presunto terrorista ammanettato a Bari il 10 dicembre, si concedeva anche il lusso di scherzarci su. «Se vuoi vivere qui», diceva strafottente al telefono ad un amico mentre la Digos lo intercettava, «è meglio che tu vada a Bolzano: ti pagano la casa anche se non lavori. Fai come ha fatto Mullah Kawa: lui ha pagato l'affitto solo per sei mesi. Dopodiché ci hanno pensato i servizi sociali. Gli paga tutto il Comune.

Gli passano pure un mensile per lui, la moglie e i figli».

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