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«Rubare per fame non è un reato» Clochard assolto

Era stato condannato per non aver pagato würstel e formaggi La Suprema corte: giustificato chi lo fa per potersi alimentare

Gianpaolo Iacobini

Rubare per fame? Purché poco per volta, si può. Per la Corte di Cassazione non può esservi condanna quando un furto sia commesso per sfamarsi. Come avvenuto a Genova per Roman Ostriakov, ucraino di 36 anni che nel 2011, quando era senzatetto e disoccupato, aveva provato a placare l'appetito portando via da un supermercato una confezione di würstel e due porzioni di formaggio. Quattro euro il valore del bottino.

Un'inezia, a fronte dei costi sopportati per i tre processi imbastiti a suo carico: quelli di primo e secondo grado, chiusi con una condanna a 6 mesi di galera, e adesso quello di legittimità, conclusosi invece con l'annullamento del precedente verdetto. Col risultato che a rimetterci sono stati (per qualche spicciolo) i commercianti derubati. E con loro i contribuenti. Questi ultimi, però, per diverse migliaia di euro bruciati in stipendi, carte e amenità varie.

«La condizione dell'imputato e le circostanze in cui è avvenuto l'impossessamento della merce - argomentano i giudici della V Sezione nella pronuncia depositata ieri in Cancelleria dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità». Insomma, quando non si sa come sbarcare il lunario, qualcosa dagli scaffali dei negozi la si può prendere, perché «il fatto non costituisce reato». E per i negozianti esposti alle incursioni non c'è rimedio: per lo Stato va bene così. Del resto, appena lo scorso marzo sempre la Cassazione, con altra sentenza, aveva condiviso l'orientamento delle corti minori, sancendo la non punibilità delle azioni commesse sotto la spinta dei morsi della fame. Per dire: tana libera tutti nell'aretino, nel 2011, per il pensionato che cercava di svignarsela dalla Coop con 6,50 euro di pancetta e formaggio. A Lecce assoluzione per la donna che alla vigilia del Natale del 2013, per arginare l'appetito da indigenza, nascondeva in borsa petto di pollo, ketchup ed un Kinder Pinguì, per un totale di 11 euro. Identico copione per il cinquantaseienne rumeno prosciolto a Padova, nel novembre del 2015, per 12 euro di carne nascosti alla cassiera. «Sono contro l'accanimento nei confronti delle persone in difficoltà», spiegava qualche tempo fa in un'intervista Giampaolo Martellassi, magistrato in servizio al Tribunale di Arezzo: «Furti di generi alimentari, di questi importi, sono espressione di un allarme sociale che non dovrebbe sfuggire». Difatti, non è sfuggito. Quasi mai.

A Ferrara 4 mesi di cella per un pensionato colto con le mani nel formaggio: ne aveva nascosto 4 pezzi. A Genova un mese di reclusione per una vecchietta che da un minimarket voleva portar via un pò di parmigiano per sè e croccantini per il proprio gatto. Evidentemente, c'è fame e fame.

La cosa certa è che, alla fine, il conto lo saldano sempre gli stessi: quelli che già pagano le tasse.

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