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Russiagate, in bilico il destino del peggior nemico di Trump

Giallo sulle dimissioni del numero due della Giustizia Rosenstein. Lavorava per far rimuovere il presidente

Russiagate, in bilico il destino del peggior nemico di Trump

New York È giallo sul futuro del vice ministro della Giustizia americano, Rod Rosenstein. Nelle ultime ore sembrava che il peggiore nemico di Donald Trump in seno alla sua stessa amministrazione stesse per capitolare. Secondo i media Usa Rosenstein è arrivato alla Casa Bianca per consegnare le dimissioni al capo di gabinetto della John Kelly, anticipando così un possibile licenziamento da parte del presidente americano, che molti prevedevano per ieri. Poi, un'altra svolta: come ha confermato la portavoce di Pennsylvania Avenue, Sarah Sanders, Rosenstein ha avuto un colloquio telefonico con Trump, che si trova a New York per l'Assemblea Generale dell'Onu. «Su richiesta di Rosenstein, lui e il presidente hanno avuto una lunga conversazione per discutere le recenti notizie di stampa», si legge nella nota. «Poiché il presidente è a New York e ha una fitta agenda con leader di tutto il mondo, si incontreranno giovedì quando rientrerà a Washington».

Il numero due del dipartimento di Giustizia è stato quello che ha maggiormente incalzato Trump, in particolare sul Russiagate, che supervisiona da quando il ministro della Giustizia Jeff Sessions ha deciso di auto ricusarsi dall'indagine. La situazione è precipitata venerdì dopo le indiscrezioni del New York Times, secondo cui Rosenstein, dopo che Trump ha licenziato il capo dell'Fbi James Comey nel 2017, voleva registrare in segreto il Commander in Chief e vederlo rimosso dal suo incarico invocando il 25esimo emendamento. Nonostante l'immediata smentita del diretto interessato, l'articolo del Nyt ha scatenato l'ira di The Donald, che ha tuonato: «Via il marcio dal ministero della Giustizia, lo sradicheremo». Per Trump la tentazione di licenziare Rosenstein (ma anche Sessions) è forte. Del resto è stato proprio il vice ministro a nominare come procuratore speciale per il Russiagate Robert Mueller, oggi il principale «nemico» del tycoon. L'uscita di scena di Rosenstein avrebbe quindi ripercussioni immediate sull'indagine, in particolare in caso di dimissioni del numero due della Giustizia: Trump (come previsto dai regolamenti federali) potrebbe così rimpiazzarlo con una persona di sua fiducia, controllando più da vicino le indagini di Mueller. Mentre in caso di licenziamento verrebbe automaticamente sostituito da chi lo segue nella scala gerarchica.

Alcuni dei più stretti consiglieri di Trump hanno tentato di convincerlo alla cautela per evitare un clamoroso strappo con il dicastero, con il rischio di innescare una nuova crisi istituzionale e per di più a poche settimane dalle elezioni di Midterm, all'inizio di novembre. Peraltro ad agitare le acque nella capitale c'è già il caso del giudice Brett Kavanaugh, nominato dal Commander in Chief alla Corte Suprema e accusato di molestie sessuali. Dopo Christine Blasey Ford, che dice di essere stata aggredita ai tempi del liceo, e dopo Deborah Ramirez, 53 anni, studentessa a Yale con Kavanaugh, secondo cui le molestie risalirebbero proprio ai tempi dell'università, c'è una terza donna (di cui non si conoscono le generalità) a dire di essere stata aggredita. Il giudice dice che non accetta intimidazioni, e a difenderlo è stato nuovamente Trump, per cui le accuse nei suoi confronti sono «totalmente politiche». «È un uomo straordinario con un passato irreprensibile - ha aggiunto - Sono con lui sino in fondo». Intanto Gregory Craig, famoso avvocato di Washington che è stato legale della Casa Bianca ai tempi di Barack Obama, è nel mirino dei procuratori federali che stanno indagando il lavoro svolto dal suo studio per il governo ucraino nel 2012, sotto il coordinamento di Paul Manafort.

Poco prima dell'accordo di collaborazione tra l'ex capo della campagna elettorale di Trump (condannato per diversi capi di imputazione tra cui frode fiscale) e Mueller, a Craig è stata notificata la richiesta di informazioni dei procuratori federali di New York, che vogliono determinare se fosse registrato come lobbista al servizio di paesi stranieri quando ha lavorato per i clienti forniti da Manafort.

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