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Sì al "Codice Rosso" contro le violenze. Vota pure il M5S ma non Pd e sinistra

Maggiori informazioni per i procuratori. Avranno più forza e capacità d'intervento. Dem e Avs gli unici astenuti alla Camera. Bongiorno: "C'era bisogno di velocità"

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Arriva il Codice Rosso bis: da ieri, dopo il voto della Camera dei deputati (200 sì da tutti i partiti, tranne Pd e rosso-verdi che si sono astenuti perché lo ritengono «del tutto insufficiente») sono legge le nuove norme sulla violenza domestica e di genere, già approvate in maggio dal Senato.

Si tratta di una ulteriore modifica alla legge varata nel 2019 (governo Conte Uno, maggioranza Cinque Stelle-Lega, anche in quel caso il Pd si astenne) che creava svariati nuovi reati e inaspriva sostanziosamente le pene per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale. Legge che, come dimostra l'escalation di femminicidi e aggressioni degli ultimi anni, a poco è servita ad arginare il fenomeno. Stavolta si punta non tanto sul «deterrente» delle pene raddoppiate o triplicate - che, al solito, non ha prodotto alcuna deterrenza effettiva nella realtà - quanto sulla velocizzazione dei procedimenti: le nuove norme introducono la possibilità, da parte del Procuratore generale presso la Corte di Appello, di avocare a sè le indagini preliminari nel caso in cui il pm incaricato non senta la persona offesa entro tre giorni. Si prevede anche un allungamento dei tempi, a favore della vittima, per sporgere denuncia: 12 mesi anziché sei. «Un importantissimo passo avanti», assicura la presidente leghista della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, prima firmataria della legge. «Velocità è quello che chiede allo Stato una donna che denuncia violenza, e il rafforzamento del Codice rosso va in questo senso».

Le opposizioni si sono divise: i Cinque Stelle hanno votato a favore insieme alla maggioranza di centrodestra, con tanto di lacrime a scena aperta di una loro deputata in sede di dichiarazione di voto, e di accorato proclama di Giuseppe Conte (autore del primo, e non efficacissimo, Codice rosso) che vuol «fermare la strage». Assai più tiepido il sì del Terzo Polo: «Il provvedimento va nella giusta direzione e si pone un obiettivo condivisibile - dice la ex ministra alle Pari Opportunità Mara Carfagna - ma si tratta comunque di un ritocco non all'altezza della situazione. Non può essere questa l'unica risposta alla drammatica escalation di aggressioni, violenze, persecuzioni e femminicidi alla quale stiamo assistendo».

Il Partito democratico invece si è chiamato fuori, come aveva già fatto in prima lettura al Senato: «La nuova legge - ha spiegato in aula Sara Ferrari - non aggiunge nulla alla normativa già vigente e non fa fare purtroppo alcun passo avanti nella prevenzione». Serve ben altro, spiegano i dem chiedendo alla premier Meloni di dedicare «un Consiglio dei ministri specifico» al tema, per «destinare risorse e definire strumenti operativi, dando così un messaggio chiaro all'Italia». Stessa linea dai rossoverdi: «Siamo pronti a fare la nostra parte, ma su una testo organico che affronti pienamente l'emergenza della violenza maschile contro le donne», spiegano. Ma c'è anche un altra ragione dietro l'astensione Pd: il «codice rosso rafforzato», con la possibilità di avocare le indagini, non piace ai pm, che lo hanno rilevato durante le audizioni parlamentari durante l'iter del provvedimento. «Abbiamo scelto di dar voce a questi dubbi», spiegava già a maggio la senatrice dem Valeria Valente. Le nuove norme, «inutili e forse anche rischiose», «puntano l'indice in maniera superficiale e inutilmente vessatoria contro Pm e procure. Il procuratore ha già il potere di revocare qualsiasi fascicolo di indagine.

Perché approvare addirittura una legge, quando sarebbe bastata una circolare e quando peraltro non ci sono dati che confermino inottemperanze da parte delle procure?».

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