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Sì ius soli, no capitalismo. Il Pd svolta a sinistra e riesuma l'antifascismo

Zingaretti a Renzi: "Si sta scavando la fossa". Il segretario non sarà più candidato premier

Sì ius soli, no capitalismo. Il Pd svolta a sinistra e riesuma l'antifascismo

Una mossa per stanare il M5s e mettere spalle al muro il ministro degli esteri Luigi Di Maio. Nicola Zingaretti chiude la tre giorni del Pd a Bologna annunciando la svolta a sinistra (un ritorno alle origini) del partito. E rispolverando un cavallo di battaglia degli anni 50: l'antifascismo. Un cambio di paradigma già anticipato nel week end da Andrea Orlando che aveva archiviato la stagione riformista dei dem: «È il momento di rimettere al centro il bisogno di cambiare la forma del capitalismo. Non si vince solo col mito del buon governo». Una sterzata alla linea politica per riportare il baricentro del Pd nell'area di sinistra, abbandonando la rincorsa dei moderati.

Una «svolta» contenuta nell'agenda che Zingaretti annuncia all'assemblea di Bologna. Una nuova carta (e un nuovo statuto) identitaria su tre punti: giustizia sociale, ambientale e fiscale. Zingaretti parla per più di un'ora, prima del via libera alla riforma dello statuto, andando al cuore della novità: «Ci battiamo perché al più presto si rivedano i decreti Salvini, dentro questo governo come scelta di campo. Ci batteremo con i gruppi parlamentari per far approvare lo ius culturae e ius soli, certo che lo faremo».

L'annuncio provoca uno scossone nel Movimento. Il fronte grillino, legato al ministro degli Esteri Di Maio, non nasconde l'irritazione: «C'è mezzo paese sott'acqua e uno pensa allo ius soli? Siamo sconcertati». Replica Andrea Orlando, il regista della svolta a sinistra del Pd: «A molti esponenti dei 5 Stelle sembrerà impossibile. Ma noi riusciamo a pensare anche due cose nella stessa giornata». Ma nella mossa del segretario dem c'è chi intravede il tentativo di far uscire allo scoperto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il garante Beppe Grillo. Goffredo Bettini, architetto dell'ascesa di Zingaretti al vertice del Pd, nell'intervista a Lucia Annunziata in Mezz'ora in più, è più esplicito: «Se fossi Conte riunirei tutta la maggioranza e direi: questo è quello che bisogna fare. Chi è d'accordo? Il che significa, chi si vincola, con una disciplina minima. Conte dovrebbe fare questo, non fare un conclave, ma prendere un'iniziativa politica». Bettini svela il vero obiettivo della svolta di Bologna: un'alleanza di sinistra con il M5s. Operazione che punterebbe ad aumentare la distanza da Matteo Renzi («Chi ci attacca scava fossa a se stesso e al centrosinistra», annota Zingaretti). Resta il nodo di un dialogo quasi impossibile con i 5 Stelle che sta bloccando anche la scelta del candidato dem in Calabria: dopo il no dell'editore Rubbettino, ieri si è rifatto avanti l'imprenditore Maurizio Talarico.

La svolta è accompagnata da una nuova struttura del partito contenuta nella modifica (dopo 12 anni) dello statuto. Le principali novità sono la piattaforma digitale deliberativa dei democratici, più forza ai circoli e più apertura anche con i circoli on line, quelli tematici, i punti Pd e la rete dei volontari. I sindaci entrano di diritto nell'assemblea nazionale e si organizzano con un coordinamento nazionale e un coordinatore che entra in segreteria nazionale. Confermate le primarie e introdotta la novità del ballottaggio: gli iscritti nei circoli sceglieranno i due candidati che andranno al voto degli elettori con gazebo. Nasce la fondazione di cultura politica nazionale.

Infine, il segretario non sarà più candidato premier.

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