Economia

Il salotto della finanza decide di restare fuori dalla politica

Mediobanca conferma l'amministratore Nagel: affari e Palazzo non verranno mescolati. Neutrali tra governo e Della Valle

Il salotto della finanza decide di restare  fuori dalla politica

Alberto Nagel sarà per altri tre anni alla guida di Mediobanca, la prima banca d'affari del Paese e storico crocevia degli interessi (e del potere) della grande finanza nazionale. Nel tempio di Piazzetta Cuccia il superamento dei salotti è in corso da tempo per lasciare spazio al business e all'espansione internazionale. Ma questo non significa che Mediobanca condivida le intemerate rottamatrici di Diego Della Valle contro gli equilibri del Corriere della Sera , da cui peraltro la merchant bank dovrebbe uscire entro aprile, o verso il governo di Matteo Renzi. Piuttosto Nagel, fedele al Dna della casata di Enrico Cuccia, guarda che siano completate le riforme di cui il Paese ha maggiore necessità.

Allo stesso modo in Mediobanca non è costume mescolare affari e politica, malgrado Mr Tod's resti uno dei suoi clienti di pregio: Piazzetta Cuccia ha seguito sia la quotazione in Borsa della maison marchigiana sia la fruttuosa vendita dei magazzini Saks. Quello che appare probabile, tuttavia, è che senza la mediazione assicurata da Mediobanca, le invidie e i litigi aumenteranno ulteriormente nel salotto del Corriere sotto gli occhi dei padroni di casa John Elkann (Fiat) e Giovanni Bazoli. Come dimostrano le recenti prese di posizione anti-renziane del direttore (licenziato) Ferruccio de Bortoli.

La strada comunque per Mediobanca è segnata e lo stesso addio, sancito ieri dal patto, di Carlo Pesenti (titolare dell'1,57%) dal consiglio in occasione del rinnovo di primavera ne costituisce l'ultima (plastica) traduzione. Conferma il progetto di dotare Mediobanca di un board composto sempre più da manager piuttosto che da capitani d'azienda. Questi ultimi e i loro blasoni familiari continueranno a sventolare ma saranno perlopiù al piano superiore, quello occupato dal patto di sindacato. Peraltro anch'esso destrutturato e privato della storica tripartizione in gruppi che ne complicava la governance , e progressivamente alleggerito fino a dimezzarlo dal 60 a poco più del 30% del capitale. Ogni socio è tornato «padrone» delle proprie azioni e dei propri voti, con pivot indiscussi la Unicredit di Federico Ghizzoni (8,7%) e il finanziere bretone Vincent Bollorè (7,5% ma con il potere di salire all'8%). Gli altri italiani di peso, nel libro soci, sono Benetton (2,16%), Mediolanum (3,5%), Fininvest (2,06%) e Carisbo (2,95%); quindi i francesi di Groupama.

La squadra del futuro consiglio passa inoltre dal debutto di Massimo Carfagna, in rappresentanza della famiglia Doris, e di Maurizio Costa, scelto da Fininvest sia per il forte legame maturato negli oltre 20 anni ai vertici di Mondadori sia per l'alto profilo manageriale costruito anche all'esterno (da qualche mese è presidente della Fieg). I Pesenti (Giampiero rimane nel patto) hanno invece indicato Alberto Pecci.

Il resto delle candidature era già trapelato, a partire dall'arrivo in Mediobanca di Marie, la ventiseienne figlia di Vincent Bollorè, accanto a Maurizia Comneno, che sarà vicepresidente in quota a Unicredit insieme al confermato Marco Tronchetti Provera (Pirelli). Gli altri nomi in lista sono Francesco Saverio Vinci, Gian Luca Sichel e Alexandra Young (manager di Mediobanca); Tarak Ben Ammar e Vanessa Laberenne (indicati da Bollorè) ; Alessandro Decio ed Elisabetta Magistretti (Unicredit); confermati poi il presidente del patto Angelo Casò e Gilberto Benetton. Escono quindi dalla rosa dei 17 nomi del cda (più un diciottesimo per le minoranze) anche Dieter Rampl, Eric Strutz, Roberto Bertazzoni e Bruno Ermolli.

Mediobanca è comunque al al lavoro per cedere tutte le partecipazioni non più strategiche, a partire da Telecom Italia: ieri al termine del patto c'è stato un vertice di un'ora tra Bollorè (che dovrebbe rilevare con Vivendi da Telefonica l'8,3% dei diritti di voto di Telecom Italia), Tarak Ben Ammar e Nagel. Ma non si sarebbe parlato del gruppo di tlc.

Così come è scritto l'allentamento della presa sulle Generali che, con i suoi dividendi, continua a dare una mano ai conti di Mediobanca insieme a i proventi raccolti dalla massiccia campagna di vendita delle partecipazioni.

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