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Il saluto romano di un bimbo scatena "Repubblica"

Sulla vicenda avvenuta a Cantù difficile dire se è più grottesco l'episodio in sé o il resoconto che ne dà La Repubblica

Il saluto romano di un bimbo scatena "Repubblica"

In italiano, chiamasi grottesca la sensazione prodotta da ciò che è paradossale, sproporzionato. Squilibrato. Bene, su un episodio avvenuto in quel di Cantù - e del quale daremo subito conto - difficile dire se è più grottesco l'episodio in sé o il resoconto che ne dà La Repubblica . I fatti: la quiete e l'ordine di una scuola materna del canturino sarebbero stati turbati dalla presenza di un bimbo (quattro anni) che saluta i suoi amichetti e pare anche il bidello «col braccio proteso in avanti» e cioè, annota indignato il cronista Paolo Berizzi, «come Mussolini, come Hitler». Gesto che al bimbo (ripeto: quattro anni) avrebbe insegnato a fare il padre: un «nostalgico», come si dice.

Anche scomodando Hitler e Mussolini, il saluto del «Baby Balilla» (così il Berizzi) altro non parrebbe che un inconsapevole e giocoso uzzolo infantile. Ma non a Cantù, dove diventa - e questo perché la vigilanza antifascista non dorme mai - un abominio democratico. La cui sinistra eco giunge alle orecchie dei repubblicones che ci si buttano sopra in maniera forsennata: un'intera pagina, con un richiamo in prima. Dividendo lo spazio fra la deprecazione del bambino (insisto: quattro anni) che fa il saluto romano e l'encomio per la ferma risposta della scuola materna alle provocatorie gesta del marmocchio. Stando al cronista, la prima reazione fu quella di inviare un'informativa al Provveditorato agli studi, cosa che si fa quando in normale svolgimento della attività didattica è seriamente minacciato. Ma alla fine, forse per non smentire lo spirito politicamente corretto che anima l'istituto, hanno ripiegato sullo strumento del dialogo&confronto: convocati i genitori, è stato loro fatto presente che «quel saluto è vietato dalla legge italiana». Pertanto «delle due l'una: o il bimbo (devo ripetermi: quattro anni) la smette di salutare come il Duce oppure non può più frequentare la scuola materna».

In verità, reati non se ne vedono perché il saluto romano è sì vietato dalla legge del giugno 1993, ma «solo qualora compiuto con intento di rivolgere la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del carattere fascista». Intenzioni che sarebbe arduo attribuire ad un quattrenne e di conseguenza determinarne l'espulsione dall'asilo, naturalmente ove non cessi di salutare come a lui piace. Obiezione di nessun conto per Paolo Berizzi il quale sfodera ben altro e più solido argomento a favore dell'allontanamento: essendo l'asilo scuola pubblica, esso «si riconosce, come è ovvio, nei valori sanciti dalla Costituzione italiana il cui carattere è rigorosamente antifascista». Per cui, Carta più bella del mondo alla mano, niente asilo per il «camerata in erba» (così il Berizzi). A meno che non faccia autocritica e come un Dario Franceschini non giuri in piazza sulla Costituzione di non salutare più col «braccio destro proteso in avanti». Il sinistro andrebbe bene. E anche il destro, purché flesso.

È nei dettagli che l'antifascismo vive e lotta con noi.

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