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Salvini e l'editto di Sabaudia: "Qualcosa s'è rotto, troppi no"

Lungo vertice a Palazzo Chigi con Conte, poi in serata parla a Sabaudia: «O si fa qualcosa o parola al popolo»

Salvini e l'editto di Sabaudia: "Qualcosa s'è rotto, troppi no"

Niente rottura, ma un rimpasto stile prima Repubblica. Neanche il frontale del governo sulla Tav, nemmeno gli insulti quotidiani (Toninelli gli ha dato del «nano sulle spalle dei giganti») bastano per convincere Salvini a mandare all'aria la maggioranza con i grillini. Dopo una giornata da thriller, con colpi di scena, attese piene di suspance e un vortice di ipotesi su quel che succederà, il ministro si materializza in camicia bianca e cravatta a Sabaudia per svelare l'arcano. Ci si aspettava un discorso duro, invece Salvini mette in tavola un brodino: «È stato un anno bello, bello...» elencando le leggi che considera un suo successo (quota 100, decreto Sicurezza). Quindi morbido sui Cinque Stelle: «Abbiamo lavorato bene, sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto, non uscirà mai da questa bocca una parola negativa né su Di Maio nè su Conte, perchè le cose buone le abbiamo fatte insieme. Certo siamo al governo da 14 mesi, per 11 mesi lavorato offrendo leggi che l'Italia aspettava, non vi nego che negli ultimi due o tre mesi qualcosa si è rotto. I sì sono diventati un bel po' di no, e con i no l'Italia non va da nessuna parte. Se dovessi rendermi conto che le cose non si possono più fare è inutile andare avanti. È come in un matrimonio, quando passi più tempo a litigare che a fare l'amore meglio guardarsi in faccia e fare scelte da persone adulte». Il copione è insomma il solito, l'unica differenza è che stavolta c'è dietro una trattativa per un cambio di ministri: via Toninelli, Bonafede, Trenta e persino Tria la richiesta leghista. Una revisione del governo da mettere a punto in tempi brevi, Quirinale permettendo. «Nelle prossime ore si decideranno tante cose» dice Salvini.

Il leader leghista sa che il M5s, se lui chiede il rimpasto, gli rinfaccia la sete di poltrone, e quindi spiega che «l'ultima delle cose che ci interessano è chiedere qualche poltrona in più. Anzi le sette poltrone della Lega sono disposizione degli italiani, o si possono fare le cose o la parola torna al popolo». O si fa «una manovra coraggiosa» o meglio votare. Cosa succederà allora? Nessuna strada precisa: «O le cose si possono fare per intero e in fretta oppure star lì per scaldare la poltrona non fa per me, molto semplice. O sei unito e compatto o in Europa ci fanno il mazzo». Anche questo solito schema per fare la voce grossa ma restare sempre legati a Di Maio e soci.

Una «giornata particolare», così la definisce con eufemismo il sottosegretario leghista Claudio Durigon, iniziata con l'avvertimento stile western del capogruppo Massimiliano Romeo: «Chi vota contro la Tav si assume la responsabilità delle conseguenze che ci saranno nei prossimi giorni». Dopo la rottura della maggioranza in aula, si diffonde la notizia di un sms inviato da Salvini ai suoi in cui li allerta a non allontanarsi troppo per le ferie. Poi il messaggio viene smentito, ma non il contenuto della comunicazione che in realtà è stata fatta oralmente da Salvini ad un capannello di senatori. Nelle ore successive la tensione aumenta, alimentata da quel che succede. Prima Salvini annulla il comizio ad Anzio previsto per il pomeriggio e quindi le tappe di oggi in Abruzzo (tranne l'appuntamento serale a Pescara). Poi i suoi fanno uscire i rumors che in serata, a Sabaudia, il capo farà «un annuncio importante». Quindi, dopo che una nota del M5s smentisce un faccia a faccia tra Di Maio e il ministro dell'Interno, i due si incrociano a Palazzo Chigi dove il leader leghista incontra il premier Giuseppe Conte con cui tiene un colloquio «lungo, pacato e cordiale» (i tre aggettivi che comunica lo staff) ma che si fa fatica ad immaginare veramente così. L'aria è quella di una crisi seria, anche se nella Lega non sembrano augurarsela affatto, al contrario sperano che il capo trovi una via d'uscita per restare al governo. «Non mi risulta nessuna chiamata alle armi da parte di Salvini. Non siamo stati né convocati né contattati» smorza il ministro per la Famiglia, Alessandra Locatelli. Intanto Conte si dà alla macchia e rinvia a data da destinarsi la conferenza stampa prevista per oggi.

In attesa che i suoi vice gli dicano come andare avanti.

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