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Salvini evoca la patrimoniale: tassa sulle cassette di sicurezza

L'ipotesi del vicepremier per rimettere in circolo i soldi fermi nei caveau: «Un'imposta per permetterne l'uso»

Salvini evoca la patrimoniale: tassa sulle cassette di sicurezza

Matteo Salvini pensa a una nuova patrimoniale. «In Italia ci sono decine, forse centinaia di miliardi fermi nelle cassette di sicurezza. Noi possiamo rimetterli in circuito. Posso farmi pagare un'imposta, se sono soldi frutto di guadagni lecitamente ottenuti, e consentire di usarli nuovamente? Sono soldi nascosti, ma l'Italia è piena di soldi tenuti sotto il materasso», ha detto ieri sera il ministro dell'Interno, Matteo Salvini a Porta a porta in onda stasera, ipotizzando una tassa per far emergere risparmi nascosti. «Non parlo di soldi all'estero - ha aggiunto - se qualcuno ce li ha portati sono affari suoi, ma mi dicono che ci sono centinaia di miliardi in cassette di sicurezza, fermi. Potremmo metterli in circuito per gli investimenti. Si potrebbe far pagare un'imposta e ridare il diritto di utilizzarli».

Le parole del Capitano sono abbastanza equivoche nel senso che paiono alludere all'utilizzo «regolare» di questa forma particolare di deposito. Ci sono, infatti, molte persone che, in questi lunghi anni di crisi con i tassi molto bassi e con il rischio di patrimoniali nuove dietro l'angolo, hanno preferito non investire e depositare il denaro contante al sicuro nei caveau delle banche italiane. Se Salvini alludesse a questa condizione particolare, si sarebbe schierato in toto dalla parte di coloro che assecondano le proposte di tassazione del patrimonio. Non è un caso che il deputato del Pd, l'economista Luigi Marattin, abbia tuonato: «L'avevamo detto che sarebbero arrivati a toccare i risparmi degli italiani. Certo, non ci aspettavamo così presto. Irresponsabili!». Ovviamente, in questo caso, è difficile fare una stima di quanto potrebbe incassare lo Stato tanto più che non si è accennato a un'aliquota.

L'esercizio teorico, tuttavia, sarebbe più facile se la proposta salviniana alludesse a una sorta di voluntary disclosure. Nella pace fiscale originaria, così come formulata dalla Lega prima dell'avvio della sessione di Bilancio 2018 nello scorso agosto, era prevista una flat tax al 15 o al 20% sui contanti detenuti in Italia o all'estero e non dichiarati. Lo stop dei M5s allo scudo penale (si configurano, infatti, i reati di riciclaggio e autoriciclaggio) ha fatto passare tutto in cavalleria. Eppure il carroccio avrebbe voluto «obbligare» a investire quanto non tassato in titoli di Stato o in Pir, i piani di investimenti nelle aziende italiane. Non si hanno dati precisi sull'ammontare dei risparmi detenuti nelle cassette di sicurezza ma sulla base di quanto dichiarato in audizione dal procuratore di Milano, Francesco Greco, si stimavano almeno 150 miliardi di cui almeno un terzo, cioè 50 miliardi in Italia. In quella formulazione si sarebbe potuto incassare un massimo di 7,5-10 miliardi, cioè un anno di quota 100 o di reddito di cittadinanza.

Intanto ieri, l'Agenzia delle Entrate ieri ha certificato il successo della rottamazione-ter e del «saldo e stralcio». Allo scorso 30 aprile, data in cui si concludeva la procedura straordinaria, sono state presentate istanze per circa 12,9 milioni di cartelle e un controvalore pari a circa 38,2 miliardi. In particolare, il «saldo e stralcio» ha riguardato 3,5 milioni di cartelle per 8,7 miliardi (6,5 miliardi al netto di sanzioni e interessi), mentre la rottamazione-ter ha riguardato 9,4 milioni di avvisi per 29,5 miliardi (21,1 miliardi senza gli oneri aggiuntivi). Il gettito effettivo si calcola sulla base di 27,6 miliardi.

La pace fiscale è stata riaperta fino al 31 luglio.

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