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Salvini mollali

Salvini mollali

I Cinque Stelle non sopportano più Matteo Salvini. In realtà non l'hanno mai sopportato, pensavano di usarlo e si sono ritrovati usati. Troppa è la differenza di sostanza e forma tra i due leader e i due movimenti, come dimostra il fatto che da quando sono insieme la Lega ha raddoppiato i consensi e i Cinque Stelle li hanno dimezzati. Ora dai distinguo siamo agli insulti. Quella presuntuosa e incapace della sindaca Raggi l'altra sera in tv ha detto che Matteo Salvini «non ha mai lavorato un giorno in vita sua» (senti chi parla), che «invece di mettere felpe farebbe bene a restituire i quarantanove milioni di debito che la Lega ha con lo Stato» e altre amenità del genere. Di tono non diverso sono in queste ore le dichiarazioni di Di Maio e soci, che sono giunti a chiedere la testa dell'alleato.
Quando un matrimonio non è d'amore, al primo mancare dell'interesse che l'ha generato succede questo anche in una coppia. Non ci si sopporta più, volano insulti e anche piatti, si vive di agguati e ripicche. E l'epilogo non può che essere una separazione non consensuale, è solo questione di tempo.
Di solito i coniugi in guerra si fanno male entrambi e prima ci si lascia meno sono i danni. Per questo spero che Matteo Salvini stacchi al più presto la spina a questo inutile governo, sarebbe folle mettere a rischio l'ingente patrimonio che ha accumulato in questi mesi in uno sterile e dispendioso braccio di ferro senza sbocco. Per di più una guerra permanente non potrebbe che giovare a Di Maio, che recupererebbe credibilità in quella parte del suo elettorato che lo ha abbandonato proprio per l'atteggiamento morbido, a volte supino, nei confronti della Lega.
Salvini non vuole tornare con Berlusconi e Forza Italia? Non lo capiamo, non condividiamo, ma ovviamente ne ha facoltà. Piuttosto che andare avanti così provi, se ne ha il coraggio, ad andare da solo e poi si vedrà. Non esistono le parabole infinite, prima o poi la curva inizia a scendere: l'avviso di garanzia a Siri e le accuse a Giorgetti, «reo» di aver assunto a Palazzo Chigi il figlio di un inquisito, è un chiaro segnale che qualcosa si sta inceppando nel momento magico. Non dimentichiamo che la «tempesta perfetta» che non ti aspetti è sempre in agguato. Meglio prevenire, finché si è in tempo, che subire.

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