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Salvini tra Pechino e Mosca: è la "Lega Est"

Dopo la Corea del Nord, la Cina e la Russia. L'inedita rete di contatti del Carroccio punta a Putin

Salvini tra Pechino e Mosca: è la "Lega Est"

La Lega Est. La via nuova del Carroccio in versione Matteo Salvini porta a Oriente, lontano da Bruxelles, da Berlino, da Washington, dall'euro e dalla Ue «serva delle banche, della finanza, dei poteri forti che dipingono ancora la Russia come “brutta e cattiva”» come ha spiegato il leader leghista intervistato da La Voce della Russia . E raggiunge latitudini mai sfiorate dalla Lega bossiana: Pyongyang, Pechino, Mosca. Non viaggi di piacere ma missioni politiche del segretario federale, già giovane Comunista padano, per incontrare i vertici di Stato e dei partiti comunisti cinese e nordcoreano, e poi quelli di Russia Unita , il movimento politico di Vladimir Putin. Oggi Salvini rientra dalla Corea del Nord, dopo una tappa a Pechino, dove ha incontrato membri di governo e imprenditori. Un viaggio informale, ma che fa parte di una strategia precisa. Più importante ancora la missione prevista per ottobre, tre-quattro giorni a Mosca (e forse un blitz anche in Crimea) per una serie di incontri con esponenti russi con cui la Lega ha già rapporti di fiducia o vuole entrare in contatto: da Aleksey Puskov, presidente della commissione Esteri della Duma (la Camera russa) presieduta dal putiniano Sergei Naryshkin, ad alcuni ministri, fino ad Aleksandr Dugin, teorico dell'«euro-asiatismo» come contraltare all'asse euro-atlantico e falco nella crisi ucraina. Relazioni sempre più strette, con in prospettiva, se sarà possibile, un incontro tra Salvini e Putin, per forza informale perché il presidente russo non può incontrare leader di partito ma solo suoi omologhi.

Un rapporto intrecciato negli ultimi mesi e decollato con la campagna anti-europea della Lega e la crisi tra Ue e Russia culminata con le sanzioni (pesantemente criticate dalla Lega Nord, anche per i danni dell'embargo sui produttori italiani). Dietro le quinte, invece, il lavoro di un'associazione culturale molto vicina al Carroccio, «LombardiaRussia» (che si presenta come «apartitica ma con idee molto precise che combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata dal presidente della Federazione Russa»), presieduta da Gianluca Savoini fedelissimo del segretario, e come presidente onorario Alexey Komov, ambasciatore russo all'Onu. Proprio Komov era in prima fila al congresso della Lega a Torino, quando è stato incoronato Salvini, tra gli ospiti internazionali insieme al coordinatore del partito putiniano Viktor Zubarev. Salvini e Savoini, poi, sono stati ricevuti dall'ambasciatore russo in Italia, che li ha tenuti per due ore in udienza privata. Ma cosa c'è dietro questo inedito asse padano-putiniano?

Lo spiega Salvini stesso, più volte intervistato dai network della federazione russa, dalle tv Russia Today (che sta confezionando un reportage su Scozia, Catalogna e fenomeno Lega Nord) e Rossija 1 (rete pubblica russa che ha inviato sue troupe all'ultima Pontida e ai congressi del Carroccio), ai giornali. L'obiettivo della sua Lega? «Liberarci da Bruxelles, da un'Unione europea che è un massacro, e quindi permettere ai nostri artigiani di tenersi il frutto del loro lavoro senza dipendere da Roma, da Berlino e anche, a livello internazionale, guardando a Est verso la Russia, visto che gli Stati Uniti fanno solo il loro interesse». Il primo passo (un po' zoppo, perché non si è costituito in un gruppo parlamentare a Strasburgo) è stata l'alleanza politica con gli altri partiti euroscettici, in primis il Front National della Le Pen. Il secondo passo è il posizionamento sulla Russia e la sfera d'influenza eurasiatica. Quel Putin con cui - spiega Salvini ai suoi - il Carroccio condivide molti punti: la lotta all'immigrazione selvaggia, la difesa dell'identità, della famiglia tradizionale, il principio di autodeterminazione dei popoli. Anche sull'Ucraina, perché «la gente deve poter scegliere, in Veneto, in Scozia come in Ucraina. Se c'è una parte di Ucraina che liberamente ha fatto la sua scelta, gli organismi internazionali non dovrebbero interferire».

Tantomeno Bruxelles ladrona.

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