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Sangue italiano, è guerra

E alla fine ecco arrivare il sangue italiano

Sangue italiano, è guerra

E alla fine ecco arrivare il sangue italiano. Non a Roma, come promesso da quei bastardi dell'Isis, ma a Tunisi, che a Roma è davvero vicina. Quel sangue, che oggi è di tutti noi, scorreva nella vene di turisti italiani appena sbarcati da una nave Costa in crociera nel Mediterraneo. Non avevano altra colpa che quella di essere occidentali e cristiani. Un commando dell'Isis li ha falciati a colpi di kalashnikov, insieme a turisti di altre nazionalità, sulle porte del Bardo, il grande museo che racchiude – strana coincidenza – i tesori dello splendore dell'impero romano in Nord Africa.

Ci hanno colpiti, e adesso, per Dio, prendiamo coscienza che siamo in guerra. Basta tentennamenti, basta scuse, buonismi e distinguo. È arrivato il momento di difendere le nostre libertà, per le quali milioni di persone, nostri avi, sono morti combattendo dai tempi più antichi fino a settant'anni fa. Il vero rischio corruzione di questo Paese non è quello sbandierato dalle procure anche in questi giorni. È la corruzione culturale che ci sta facendo abdicare al dovere di reagire e, se il caso, combattere per difendere ciò che siamo. Matrimoni gay, fecondazioni artificiali, preti sposati, dolci morti e isole di famosi: siamo seri, basta pagliacciate. Stiamo scambiando il contorno della vita con il primo piatto. È un virus che si sta diffondendo con la complicità di una classe politica impreparata e impaurita che non sa che minimizzare, negare il pericolo e ripetere parole retoriche. Hanno chiuso, in uscita, le frontiere con la Russia ai nostri imprenditori con inutili sanzioni a Putin che non ci ha torto un capello, e non sanno chiudere le frontiere, in entrata, a migliaia di immigrati, molti dei quali simpatizzanti di chi uccide i nostri connazionali.

Ieri Parigi, oggi Tunisi. Domani a chi tocca? Ognuno di noi è un potenziale bersaglio, non importa se scelto con cura o sorteggiato dal caso come i nostri turisti trucidati ieri. La difesa passa dalle forze di polizia e, mi auguro presto, dalle nostre forze armate. Ma prima di tutto dobbiamo essere noi a prendere coscienza che da anni ci stanno prendendo per i fondelli con la menata del multiculturalismo a costo zero. Non è vero che siamo tutti uguali, che Dio e Allah pari sono, che dobbiamo rinunciare ai nostri simboli (la novità di quest'anno è il divieto delle benedizioni pasquali nelle scuole) per non offendere sensibilità diverse. Siamo italiani, siamo occidentali, siamo laici e le nostre radici sono cristiane. Già pensarlo e dirlo senza timore di essere tacciati di razzismo (parola e sentimento che non ci appartiene) sarebbe già un grosso passo in avanti. Già affidarsi a un partito – invece che all'astensione - che questo, e non l'opposto, sostiene sarebbe molto utile. No, questi morti italiani non possiamo archiviarli con tre «eterno riposo» o con una toccata scaramantica perché non eravamo noi in quel museo.

Si può andare in guerra anche senza il fucile, usando il cuore e la testa.

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