Politica

Sardegna e Sicilia sono isole. L'Europa lo scopre adesso

Strasburgo ha proclamato una doppia (non scontata) verità: la Sardegna è un'isola; la Sicilia pure

Sardegna e Sicilia sono isole. L'Europa lo scopre adesso

Chi ha detto che la gittata di un occhio da Bruxelles non possa andare oltre Berlino e Parigi? Balle. Ieri Strasburgo ha proclamato una doppia (non scontata) verità: la Sardegna è un'isola; la Sicilia pure.

Così è se vi pare. E, in effetti, pare che qualche funzionario di Bruxelles avesse nutrito qualche dubbio fino a ieri, orientandosi su dei mappamondi gonfiabili lasciati in loco da un predecessore di Angela Merkel. Purtroppo non aveva trovato il coraggio d'informare né l'Autorità suprema bancaria né, tanto meno, i signori in grembiule e cappuccio che sogliono affollare il direttissimo per Francoforte. Eppure quelle strane macchioline di colore marròn, nel bel mezzo del Mare Lorum, che a prima vista erano state scambiate per due residui di wurstel, a un più attento esame risultavano essere effettivamente «terra circondata da mare». E non le possiamo kaufen?, avrebbe sospirato Frau Merkel prontamente avvisata mentre convinceva tre industriali di Magdeburgo ad acquistare Patmos, Paxi e Antipaxi in un unico stock con l'aeroporto di Atene (affare fatto, nero su bianco). «No, appartengono all'Italia», la timida risposta dei funzionari in attesa di sfuriata. «Strano, andando a Ischia non me n'ero mai accorta!», avrebbe bofonchiato Angela.

Ora, è chiaro che la risoluzione approvata ieri dall'Europarlamento - grazie alla tigna di un sardo-siculo (vedi a volte come si accanisce la natura), l'onorevole del Ppe Salvatore Cicu -, non può fare che piacere alle due comunità e a noialtri destinati ad amarle perdutamente sentendole «nostre» nonostante la caparbia possessività degli abitanti. Gente, quest'ultima, che vive ogni giorno, sulla pelle, quella condizione di «insularità» che non è una di quei comandamenti europei tipo le «banane devono essere lunghe più di 14 centimetri». No. Significa il più delle volte ridotta mobilità, carburante più caro, maggiori (a volta insormontabili) difficoltà nel commercio come nell'intrapresa, invasione di turisti festanti e fastidiosi d'estate, ospedali magari chiusi d'inverno. Ieri finalmente Strasburgo ne ha preso atto, in virtù di un vecchio articolo (il 174) mai applicato del «Trattato di funzionamento».

Ora la Commissione europea dovrebbe farsi carico di rendere effettive e concrete le misure che «pareggino» lo sfavore di partenza. Ecco forse spiegato perché abbiamo smesso di amare l'Europa. Perché l'Europa neppure sa chi siamo, come viviamo, quali siano le nostre necessità. Dovrebbero farlo i nostri rappresentanti, d'accordo.

Ma non sempre pagare a dismisura un servizio lo rende per questo efficiente.

Commenti