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Scafisti, attentati e hotspot che mancano: la missione in Libia ha già l'acqua alla gola

Rimpatriare i barconi ha tutta una serie di rischi. A partire da chi ci sale. E l'instabilità crea preoccupazione

Scafisti, attentati e hotspot che mancano: la missione in Libia ha già l'acqua alla gola

Se il Parlamento approverà domani il provvedimento del Consiglio dei ministri con cui si autorizzano l'invio di navi di fronte alle coste di Tripoli, la missione per aiutare la Libia nel rimpatrio dei barconi carichi di migranti partirà, con ogni probabilità, dopo il 10 agosto. Il cambio di comando dell'operazione «Mare sicuro», che fornirà in tutto o in parte gli assetti utili allo scopo, avverrà infatti, il prossimo 9 agosto. Ciò che è certo è che le azioni della Marina italiana «dovranno essere sempre autorizzate dalle autorità di Tripoli, che parteciperanno a tutte le operazioni di contrasto all'immigrazione irregolare». I migranti dovranno, però, essere trasferiti a terra dalla Guardia costiera libica.

Quali saranno, quindi, i rischi dell'intera operazione? Prima di tutto quelli derivanti dai numeri. É possibile che i trafficanti di esseri umani decidano di far partire più carrette del mare in un'unica volta. In tal caso si sarà in grado di bloccare solo una parte delle imbarcazioni in navigazione verso le nostre coste. In funzione del fatto che dovranno essere le motovedette libiche a riportare indietro le persone che hanno preso la via del mare, è da considerare che la capienza delle stesse è di qualche centinaia di immigrati alla volta. E, nonostante nel porto di Tripoli sia già presente un pattugliatore della nostra Guardia di Finanza che ha lo scopo di addestrare il personale libico che opererà sulle motovedette restituite dall'Italia, di lavoro da fare ce ne sarà ancora parecchio.

C'è poi un rischio maggiore. A bordo dei gommoni spesso si trovano scafisti senza scrupoli e non è la prima volta che qualcuno decide di sparare contro le navi che accorrono per salvare migranti. Come si ricorderà, cronache recenti riportano casi di spari avvenuti contro i natanti della Guardia costiera italiana. Un altro fattore da non sottovalutare è quello che arriva dalla possibilità che la criminalità locale, spesso legata a frange terroristiche connesse con l'Isis, possa decidere di compiere qualche attentato contro chi sta di fronte alle coste libiche per i respingimenti. Malgrado la funzione delle navi italiane sia quella di supporto, infatti, l'operazione sarà comunque vista come un'azione militare. Per questo occorrerà un attento lavoro di intelligence. Se è vero che i rimpatri avverranno sotto la presenza di osservatori internazionali, presumibilmente dell'Onu, lo è anche, comunque, che l'instabilità politica della Libia qualche preoccupazione la crea. Dove saranno portati i migranti, visto che gli hotspot gestiti da Unhcr e Oim ancora non esistono? Un altro punto a cuore ai militari è quello delle indennità da corrispondere al personale in navigazione. Già i Cocer avevano sollevato il problema degli straordinari non del tutto pagati o convertiti in periodi di riposo. Insomma, per un impiego con turni molto lunghi ci si aspetta che la Difesa stanzi anche i dovuti fondi per invogliare chi sarà impegnato nell'operazione a sopportare anche lunghe turnazioni.

Per questo un attento lavoro di programmazione e il coordinamento tra Italia e Libia sarà al primo posto tra i punti da affrontare.

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