Cronache

"Scambia l'avvocato per l'imputato". Ma quel giudice resta al suo posto

Uno dei pochissimi bocciati agli esami lavora a Catanzaro. Non lo cacciano però nessun capo lo vuole nel suo ufficio

"Scambia l'avvocato per l'imputato". Ma quel giudice resta al suo posto

Milano - «Confusione nella individuazione degli imputati e dei difensori, difficoltà nella comprensione dei capi di imputazione»: può un giudice di tale fatta continuare a fare il giudice? Sì, può. Con buona pace dei cittadini cui toccherà in sorte essere giudicati da lui.

La storia di A.C., giovane magistrato in servizio in Calabria, dimostra che effettivamente qualche toga viene bocciata al momento della valutazione periodica. Tre giorni fa il Consiglio superiore della magistratura, accogliendo il parere del consiglio giudiziario di Catanzaro, ha rifiutato ad A.C. la prima valutazione di professionalità. Da ora, fa parte di quello zero virgola percento che non passa l'esame.

Ma il profilo del giudice che emerge dalle carte autorizza un certo scetticismo sulle sue performance nelle funzioni che comunque continuerà a svolgere.

Aveva cominciato già male: appena vinto il concorso, alla Scuola di formazione aveva scritto un sentenza penale «del tutto incompleta», «priva di riferimenti normativi quanto alla condanna e all'assoluzione». Gli avevano prorogato il tirocinio, durante il quale aveva dimostrato «difficoltà nello svolgimento concreto dell'attività giudiziaria»; «sembrano emergere nella personalità del dottor C. elementi che potrebbero dare luogo a criticità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie». Ma il consiglio giudiziario di Napoli aveva dato comunque parere favorevole al suo ingresso in servizio, ritenendo che «taluni profili caratteriali che fino a questo momento gli impediscono di svolgere con disinvoltura il mestiere del decidere (...) potranno probabilmente dissolversi con la maturazione».

Così A. C. diventa giudice a tutti gli effetti e viene spedito in Calabria. E qui si scopre che le speranze sulla sua «maturazione» sono andate deluse. Lo inseriscono in collegio con altri giudici, per limitare i danni. Ma un paio di volte, per anzianità, gli tocca presiedere le udienze, ed è un disastro: confonde imputati e avvocati, non capisce quali siano le accuse. «Il dottor C. non è apparso in grado di affrontare le problematiche derivanti dalla gestione di un ruolo monocratico o dalla presidenza di un collegio penale». «La conduzione dell'udienza è stata estremamente lenta e caratterizzata da una evidente insicurezza che ha reso necessario l'intervento in ausilio dei giudici a latere», scrive il consiglio giudiziario di Catanzaro.

Stress da udienza pubblica? Forse, ma non solo. Perché nel chiuso delle camere di consiglio le cose non vanno molto meglio. «L'insicurezza del magistrato rallenta le camere di consiglio», si legge. «Le difficoltà professionali si sono evidenziate tutte le volte in cui egli è stato chiamato a dare un contributo critico in camera di consiglio, povero di contenuti sugli aggiornamenti e sulle prassi correnti, eccessivamente astratto e per nulla duttile (...) le difficoltà personali si sono evidenziate in costanti ritardi negli orari di inizio delle udienze».

Uno dei suoi capi racconta di aver dovuto «diuturnamente» sollecitare A.C. a depositare provvedimenti e sentenze e alla fine ha chiesto che lo spedissero da un'altra parte «essendosi il medesimo dimostrato incapace di rispettare i ritmi e la disciplina del collegio in un ufficio delicatissimo».

A essere in discussione non è la preparazione teorica del magistrato, ma un aspetto forse ancor più cruciale: la capacità di calare le norme del diritto nella concretezza del processo, che si traduce in una «significativa difficoltà nel pronto inquadramento dei fatti», impedendo «un rapido approccio alle concrete problematiche processuali, adeguato all'effettiva rilevanza delle questioni». Non sono mancanze da poco. Non possono portare all'allontanamento di A.C. dalla magistratura, e l'unica sanzione possibile così è il mancato avanzamento di carriera.

Ma forse se i concorsi per diventare magistrato fossero fatti diversamente, e insieme alla preparazione accademica valutassero la tenuta psicologica, casi del genere sarebbero più rari.

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