Interni

Scaricabarile sulla zona rossa. Conte: "Fontana non la chiese"

L'ex premier ai pm: "Non sapevo della bozza firmata da Speranza, né del presidio di militari in Val Seriana"

Scaricabarile sulla zona rossa. Conte: "Fontana non la chiese"

È il 12 giugno 2020. L'Italia sta appena riprendendo a respirare dopo la lunga apnea del Covid, lo shock, il dolore, il lockdown. I pm di Bergamo arrivano a Roma per interrogare l'allora presidente del consiglio del governo giallorosso Giuseppe Conte, come persona informata dei fatti, non ancora indagato, come è oggi assieme all'allora ministro della Salute Roberto Speranza, al governatore della Lombardia Attilio Fontana e di altre autorità. I magistrati gli chiedono perché non fosse stata disposta la zona rossa nel territorio dei comuni di Alzano e Nembro, ciò che potrebbe essere costata la vita a qualche migliaio di cittadini. E lui appare incerto, ricorda che alla fine del consiglio dei ministri del 5 marzo gli viene riferito dell'arrivo di una mail «con allegata la bozza di Dpcm, una proposta di istituzione di zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro». Quella bozza in realtà reca già la firma del ministro della Salute, ma Conte sembra non lo sa: «Il fatto che il 5 marzo 2020 la bozza fosse già sottoscritta dal ministro Speranza mi è stato riferito successivamente, il documento firmato non è mai stato nelle mie mani». Conte del resto ammette di non sapere nemmeno del dispiegamento delle forze dell'ordine di quei giorni in Val Seriana: «L'ho saputo dopo, dalla stampa».

Certo, «erano momenti concitati». Fatto sta che «abbiamo convenuto con il ministro Speranza di chiedere agli esperti un approfondimento (...) alla luce del quadro epidemiologico di quei giorni che evidenziava un contagio ormai diffuso, in varie aree della Lombardia». E la sera stessa ecco arrivare sul telefonino del premier, via whatsapp, «un approfondimento del prof. Brusaferro» girato dallo stesso Speranza. Che nel frattempo aveva firmato la bozza perché «il giorno dopo avrebbe partecipato a Bruxelles a un incontro istituzionale». Ma il 6 quella bozza sarebbe stata carta straccia, dopo un vertice alla protezione civile nel quale si sarebbe parlato di «una soluzione ancora più rigorosa e complessiva, non limitata solo ai due comuni della Val Seriana». L'Italia si avviava alla chiusura ma Alzano e Nembro fino all'ultimo furono trattate esattamente come il resto dell'Italia, a parte la provincia di Lodi e Vo' Euganeo, già zone rosse, a causa di «focolai erano ben circoscritti». Un cambio di strategia confermato dallo stesso Speranza, a sua volta ascoltato dai pm bergamaschi nella loro visita romana: «C'era invece bisogno di misure rigorose che però avrebbero dovuto riguardare un'area molto più vasta»

Secondo Conte la regione Lombardia non chiese l'istituzione della zona rossa nei due comuni. «Le mie interlocuzioni - dice Conte - sono state solo con il presidente Fontana ed escludo che mi sia stata chiesta l'istituzione di una zona rossa per Nembro e Alzano. Conte ricorda una mail datata 28 febbraio nella quale il governatore gli chiedeva «il mantenimento delle misure già adottate». Anche in questo caso Speranza controfirma: «Non vi fu alcuna richiesta formale da parte della regione Lombardia». Fontana però, ascoltato dai pm qualche giorno prima, il 29 maggio, dà un'altra versione: «Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa; che poi sarebbe stata utile non so dire, però a Codogno aveva funzionato. La nostra proposta è stata quella di istituire la zona rossa». Dubbi, incertezze, versioni differenti.

Nel frattempo in Val Seriana morivano a migliaia e mancava perfino il legno per le bare.

Commenti