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Scioperi, rivendicazioni, ricatti. Ecco cosa trascina a fondo l'Italia

Il caso Muti e i lavoratori ipersindacalizzati dei teatri di Stato sono lo specchio di un Paese ostaggio della vecchia sinistra (e pochi privilegiati bizzosi) che fa da zavorra al sistema

Scioperi, rivendicazioni, ricatti. Ecco cosa trascina a fondo l'Italia

Quasi il 50% degli spettatori persi dal 2008, produttività in calo con dodici recite d'opera in meno sempre rispetto allo stesso anno, un passivo di 10 milioni fatto registrare nell'esercizio 2013, a fronte di un contributo statale ricevuto di 21 milioni, i numeri del Teatro dell'Opera di Roma sono questi. Se a tutto ciò si aggiunge la forte sindacalizzazione che caratterizza il comparto, è facile allora capire perché per Riccardo Muti non vi siano «le condizioni per poter garantire quella serenità necessaria al buon esito delle rappresentazioni». Le rappresentazioni sarebbero le due opere, Aida e Nozze di Figaro , già in cartellone per la prossima stagione, che non beneficeranno della presenza del Maestro. Gli scioperi e le continue rivendicazioni dei lavoratori delle fondazioni liriche sono purtroppo divenuti uno dei tratti che caratterizzano il settore. Ma quanto avviene sul versante culturale non è così dissimile da quanto avviene nel resto del Paese, dove una classe di lavoratori iper-protetti non vuole rinunciare a «diritti» che hanno ingessato società ed economia. L'arroccamento dei sindacati a difesa dell'articolo 18 ne è esempio.

Non è un caso se, in sintonia con il dibattito di questi giorni sulle future regole da dare al mercato del lavoro, il ministro Franceschini abbia affermato di comprendere «le ragioni che hanno portato il maestro Muti alla scelta di interrompere il rapporto con l'Opera di Roma». Additando fra i responsabili «tutti quelli che ostacolano, con resistenze corporative e autolesioniste», l'impegno per risollevare l'andamento economico delle fondazioni liriche.

Le resistenze verso una inversione di rotta sono particolarmente marcate. Se si è arrivati a questo punto è anche perché nel passato i lavoratori del comparto hanno goduto di un trattamento privilegiato, e le loro rivendicazioni hanno spesso rasentato il ridicolo. In tal senso, emblematiche furono le richieste del Coro e del Corpo di Ballo della Scala per lo spettacolo Romeo et Juliette . I primi ritenevano che cantare sul palcoscenico e in costume (e magari muovere qualche passo) nel corso di uno spettacolo di danza costituisse «prestazione speciale» da retribuire in via extracontrattuale. I secondi invece sostenevano che la difficoltà di danzare su una piattaforma in declivio dovesse essere ricompensata con una non meglio identificata «gratifica concreta», anch'essa naturalmente per via extracontrattuale. Come dire: se una prestazione non è riportata nel contratto di lavoro, necessita di un compenso aggiuntivo, e tutto o quasi può pertanto diventare prestazione speciale.

Qualche tempo prima, l'allora sovrintendente della Scala Stéphane Lissner, esasperato dalle rivendicazioni dei suoi orchestrali era arrivato a dire: «Gli orchestrali fanno molte cose fuori dalla Scala: suonano come solisti, nei gruppi e nell´Orchestra Filarmonica. Mi viene il dubbio che non considerino più il lavoro in teatro la loro principale attività. Se si insiste con rivendicazioni non giustificate si potrà arrivare a mettere in discussione la natura del rapporto di lavoro». A queste conclusioni purtroppo non si è mai giunti.

Ci è voluta poi una ottima dose di originalità e di spirito di adattamento per non dover mettere ogni volta il cartello «chiuso per sciopero». Sempre alla Scala, poco prima dello svolgimento di una serata, Daniel Barenboim ha dovuto cambiarne il programma per ovviare allo sciopero del Coro. A Roma invece si è giunti a rappresentare La bohème con il solo accompagnamento del pianoforte (e ad ingresso gratuito). In questo modo, lo sciopero dell'orchestra non ha portato al mancato svolgimento dello spettacolo.

Al Carlo Felice di Genova, lo scorso maggio, la Carmen è andata in scena in un teatro vuoto ma in diretta streaming. Nei confronti dello sciopero indetto, i lavoratori si sono infatti trovati divisi. I contrari allo sciopero sono andati regolarmente in buca, sul podio e sul palcoscenico.

I favorevoli invece si sono posizionati fuori dal teatro, pronti ad accogliere i colleghi – dopo lo spettacolo – con urla e insulti.

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