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La scommessa del Pnrr per rilanciare l'Italia. Un castello di carte che fatica a sviluppare investimenti concreti

Draghi ha rispettato il calendario delle riforme richieste dall'Europa Il problema è che all'appello mancano i 13 miliardi non spesi nel 2022. La rivoluzione digitale è all'anno zero

La scommessa del Pnrr per rilanciare l'Italia. Un castello di carte che fatica a sviluppare investimenti concreti

È la sfida più difficile ereditata dal governo Draghi, nonostante quella «transizione ordinata» che ha segnato la narrazione sul passaggio di consegne con l'esecutivo Meloni. Il Pnrr entra nella sua fase più difficile di attuazione proprio nel momento in cui la congiuntura economica tocca i livelli più allarmanti. Il costo delle materie prime ha frenato progetti e fatto lievitare i costi, tanto che il governo Draghi ha previsto 12 miliardi solo per gestire l'incremento fino al 2026. Fondi necessari per non bloccare i progetti del Pnrr, per far fronte al boom delle materie prime e dell'energia. L'intervento più consistente è quello sul fondo per l'avvio delle opere indifferibili per 8,8 miliardi, come riporta Openpolis. Difficoltà ribadite ieri dal ministro per le infrastrutture Matteo Salvini: «Con l'incremento dei costi di materie prime ed energie o si rivedono i termini economici o le aziende non partecipano» ma «sono ottimista e fiducioso».

Difficile avere un monitoraggio dettagliato sul piano. L'Osservatorio Pnrr del Sole 24 Ore certifica che l'eredità di Draghi è positiva: tutti i 21 obiettivi sono stati raggiunti. Le uniche incertezze sono legate ai provvedimenti attuativi della legge sulla concorrenza. Di certo tra le accuse di ritardi rivolte anche dalla stessa Meloni e la difesa dell'ex premier, ci sono i numeri contenuti nella Nadef che mettono nero su bianco una strada in salita: «La concreta attuazione dei progetti del Pnrr si sta rivelando complessa». Non solo. «Lo svolgimento dei bandi richiede tempo e spinge inevitabilmente la spesa prevista per il 2022 verso gli anni 2023-2026». Infatti, per il 2022 mancano all'appello 13 miliardi che non sono stati spesi in base alle previsioni. Insomma abbiamo speso di meno e bisogna correre: andranno impiegati 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024. Il ministero della transizione digitale di Vittorio Colao, che aveva in capo 18 miliardi di euro di fondi legati al Pnrr - ora le deleghe potrebbero essere affidate al senatore Alessio Butti - ha lasciato in eredità un documento al nuovo governo in cui si elencano tutti gli obiettivi raggiunti. Di fatto una fase preparatoria propedeutica alla messa a terra dei progetti veri e propri. Tanto che lo stesso ex ministro scrive che le principali tappe «imminenti si collocano tra dicembre 2022 e marzo 2023» e suggerisce di «mantenere un forte presidio e coordinamento a livello di Presidenza del Consiglio». Non ci sono solo i costi delle materie prime a ostacolare il Pnrr. E le amministrazioni locali sono la nota dolente. Come scrive Il Sole 24 ore, emergono già diversi ritardi, spiegati in un paper di Intellera Consulting e che sarebbe sul tavolo dei tecnici dei ministeri. Mancherebbero circa 14mila esperti sia nel pubblico che nel privato, mentre oggi con le selezioni già fatte nella Pa ce ne sono appena mille. Una frecciata piccata sui fondi divisi tra nord e sud su progetti di rigenerazione urbana, arriva dal governatore del Piemonte Alberto Cirio: «Non è possibile che lo Stato utilizzi due pesi e due misure nel gestire i bandi pubblici e nel destinare i fondi ai comuni. Nessun progetto del Nord è stato finanziato.

Non sono accettabili discriminazioni di questo tipo».

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