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Scontri, feriti e aggressioni. Trump rinuncia a Chicago

A causa delle contestazioni, il candidato repubblicano annulla il comizio previsto nella città di Obama. Risse provocate o tentativo disperato di fermare il tycoon?

Scontri, feriti e aggressioni. Trump rinuncia a Chicago

L'ombra sinistra della violenza incombe sulla campagna elettorale di Donald Trump, tanto da costringerlo a rinunciare ad uno dei rally più importanti, quello nella città degli Obama. C'è già chi è pronto a trascinare il front-runner repubblicano alla sbarra accusandolo di essere una sorta di mandante, dal momento che i toni rissosi dei suoi comizi trovano a conti fatti facile attuazione nelle piazze ad opera di presunti «sgherri» da lui assoldati. Ma c'è anche chi sostiene che si tratti di una messa in scena, dell'ultimo disperato tentativo di fermare il lanciatissimo tycoon anti-sistema con metodi non convenzionali e al di fuori della politica reale.

La serie di scontri è partita venerdì sera da Chicago, in Illinois, dove la campagna del miliardario newyorkese è stata costretta a cancellare un comizio per motivi di sicurezza a causa dei tafferugli scoppiati tra i sostenitori del candidato repubblicano e i suoi contestatori. Mentre migliaia di persone erano in attesa che il re del mattone iniziasse il suo discorso all'Università dell'Illinois, un gruppo di manifestanti è riuscito ad entrare nell'arena, e dopo un incontro con la polizia locale Trump è stato costretto a rimandare il rally. L'annuncio è stato accolto con grida di gioia dai contestatori. «Abbiamo fermato Trump! Abbiamo fermato Trump!», hanno gridato. Quindi, rivolti ai sostenitori del magnate hanno attaccato: «Razzisti, tornatevene a casa!». «Vogliamo Trump, vogliamo Trump», hanno replicato i fan del candidato del Grand Old Party. Il bilancio degli incidenti, secondo i media statunitensi, è stato di sei feriti e almeno cinque persone arrestate. Dalla città degli Obama, la protesta si è poi allargata a macchia d'olio in altri due degli stati dove si vota martedì. A St. Louis, in Missouri, durante le contestazioni che hanno accompagnato un comizio di Trump la polizia ha arrestato 31 persone con l'accusa di disturbo della quiete pubblica, e una di aggressione di terzo grado. Il magnate per tutta risposta ha schernito chi interrompeva il suo discorso alla Peabody Opera House dicendo: «A loro è permesso di bloccarci orribilmente e noi dobbiamo essere molto pacati, loro possono spingere e picchiare, ma se noi gli rispondiamo è terribile, vero?». Poi ha aggiunto: «Tornate a casa da mamma» e «andate a cercarvi un lavoro». Un altro dibattito è stato invece cancellato a Cincinnati, in Ohio, sempre a causa di problemi relativi alla sicurezza. Le violente contestazioni contro Trump hanno scatenato numerose critiche nei confronti del miliardario, a partire dal presidente Barack Obama, che durante una serata di raccolta fondi in Texas lo ha definito come «il distillato» della crisi del partito repubblicano. Per la candidata alle primarie democratiche Hillary Clinton, invece, «la retorica della divisione a cui stiamo assistendo deve essere fonte di grande preoccupazione per tutti noi». In campo repubblicano, Ted Cruz ha affermato che Trump ha le sue responsabilità nella cancellazione del rally di Chicago, perché ha creato «un clima che incoraggia questo tipo di atteggiamenti negativi». Il senatore ultraconservatore ha parlato di un «triste giorno», aggiungendo che «quando un candidato incita i suoi sostenitori ad ingaggiare uno scontro fisico, a prendere la gente a pugni in faccia, la prevedibile conseguenza di questo è una escalation».

«Quello di oggi - ha avvertito - non sarà probabilmente l'ultimo episodio di questo tipo».

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