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Scontro Conte-Di Maio sulle poltrone di sottogoverno. E il Pd ne approfitta

Tensione tra i pentastellati per l'assegnazione degli incarichi da vice ministro e sottosegretario. Di Maio convoca una riunione per trovare la quadra, ma ci sono già i primi mal di pancia. Scontro con Conte. E il Pd prova ad approfittarne

Scontro Conte-Di Maio sulle poltrone di sottogoverno. E il Pd ne approfitta

Per ora, il governo Conte-bis ha voluto dire lotta per le poltrone. Non solo tra Pd e Movimento 5 Stelle per i ministri (battaglia largamente vinta dai dem). Ma anche in seno ai pentastellati, spaccati tra l'ambizione del premier Conte e la voglia di non morire di Luigi Di Maio. Nelle ultime ore, proprio il capo politico grillino ha dovuto convocare in fretta e furia una riunione per stemperare le tensioni che covano nel Movimento, legate alla partita per i vice ministri e i sottosegretari. Incarichi definiti in gergo di sottogoverno, su cui è in atto un braccio di ferro tra le correnti in cui sono divisi i 5 Stelle. Come scrive anche l'Huffington Post, il vertice riunito lunedì da Di Maio, a cui hanno partecipato i componenti grillini delle commissioni parlamentari, è stato infuocato.

Il capo politico pentastellato ha indossato i panni dell'arbitro, decidendo per l'assegnazione delle deleghe il sistema seguente. I componenti delle commissioni gli proponevano una rosa di nomi da candidare a sottosegretari e vice ministri. A Di Maio l'ultima parola.

Questi i profili in ballo per le varie poltrone. Il più importante è quello di Roberto Chieppa, che Giggino vorrebbe come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Potrebbe essere nominato con la delega ai servizi segreti. Ma attenzione. Perché, insieme al capo politico pentastellato, anche il premier Conte vuol far pesare il suo giudizio. Segno di quanto sta accadendo tra i 5 Stelle, con il presidente del Consiglio che non si accontenta di Palazzo Chigi. Volendo condizionare le dinamiche interne al M5S.

Ma il dibattito non è solo sui nomi. Il problema è geografico. Legato alla provenienza territoriale dei candidati. Sempre l'Huffington Post riporta le proteste dei parlamentari pugliesi, che lamentano di non avere "neanche un ministro dopo che la Lezzi è andata via", pur essendo "la terza regione più rappresentata tra Camera e Senato". Esclusione ancora più pesante se paragonata al Pd, che nel governo ha piazzato i pugliesi Bellanova e Boccia.

In tutto, tra dem e 5 Stelle, i posti a disposizione sono una quarantina. Troppo pochi per accontentare tutti. I sicuri dovrebbero essere Anna Ascani all'Istruzione, Antonio Misiani all'Economia ed Emanuele Fiano agli Interni.

Il figlio del governatore campano De Luca, Piero, è stato proposto dal Pd come sottosegretario al lavoro. "No" secco dei 5 Stelle, acerrimi rivali della famiglia De Luca. Gli altri papabili sono Marina Sereni (Salute), Lia Quartapelle (Esteri), Chiara Braga (Ambiente), Andrea Romano (Esteri). Tutti del Pd, che ha già le idee chiare.

Decisamente più nebulose quelle del Movimento. Francesco D'Uva potrebbe andare all'Istruzione: è in ballottaggio con Nicola Morra. Laura Castelli potrebbe andare al Mef, mentre Manlio Di Stefano e Vito Ferraresi potrebbero restare rispettivamente agli Esteri e alla Giustizia. Stefano Buffagni favorito per l'Economia, ma potrebbe essergli affidata una delega tra il Mise e le Infrastrutture, mentre i volti nuovi sono quelli di Luca Azzolina (Istruzione), Federica Dieni (Interno), Dalila Nesci (Salute).

A decidere saranno Di Maio e Conte. Non necessariamente in quest'ordine.

E occhio al Pd, che sui ministri ha già dimostrato grande abilità nella lotta per le poltrone.

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