Politica

Lo scontro con il leader azzurro all'Ufficio di presidenza

RomaIl barometro azzurro passa in ventiquattro ore da tempesta a molto variabile, ma della bonaccia non c'è ancora nessun segnale. Raffaele Fitto, il sassolino nella scarpa di Berlusconi, l'uomo che vorrebbe vedere una Forza Italia veramente antirenziana, vive il day after dello scontro con il suo mentore nell'ufficio di presidenza di Forza Italia («Fatti il tuo partito con i tuoi 300mila voti!», «Che fai, mi cacci?») accreditandosi una mezza vittoria: «Abbiamo compiuto un passo importante dichiarando finalmente che Forza Italia è all'opposizione di questo governo», dichiara soddisfatto a Verona, dove partecipa a un evento organizzato da Confartigianato.

Una calma apparente. La ferita è aperta e sanguina, ma la fasciatura per un giorno tiene. Del resto il quadro è chiaro: Berlusconi non ci sta a vedere messa in discussione la sua leadership, soprattutto ora che è un leone in gabbia e sente anche un po' odore di elezioni anticipate. Fitto da parte sua non vuole essere il remake di Fini o Alfano, non vuole farsi da parte da solo, anche se qualcuno dei suoi fedelissimi lo sta incoraggiando alla rottura. Ma da lui arrivano solo parole distensive (o quasi). Malgrado nella litigata di giovedì siano entrati anche aspetti personali, come il fatto che il Cavaliere abbia tirato in ballo suo papà defunto, lui smonta tutto: «Non c'è nessun tipo di questione personale, ci mancherebbe altro. I tempi sono assolutamente ed esclusivamente di carattere politico. E su questo penso che sia importante sottolineare che il nostro dibattito ha fatto un passo in avanti, fondamentale anche se non ancora sufficiente, dicendo che Forza Italia sta all'opposizione».

Un gesto conciliante arriva anche da Daniele Capezzone, l'altro malpancista azzurro: «Condivido quello che, per l'ennesima volta, ha ribadito in queste ore Raffaele Fitto. Intendo dire che (ovviamente) resto anch'io in Forza Italia, ma (altrettanto ovviamente) non rinuncio alle mie idee liberali, che Silvio Berlusconi conosce, e credo abbia avuto molte volte occasione di apprezzare».

È il giorno dell' appeasement dopo quello degli sfoghi. Quello dei distinguo. Se Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia, taglia corto («il presidente Berlusconi ha preso 75 voti e due contrari. Immagino che la linea politica sia quella di Berlusconi», il senatore Francesco Giro smonta la tesi di un partito filorenziano: «Esiste un patto sulle riforme. Punto. Da qui a imbastire un presunto consociativismo Fi-Pdl ce ne corre e serve soltanto a indebolire il nostro partito e la sua leadership». E mentre Renata Polverini garantisce che Berlusconi non considera chiuso il dibattito interno, il Mattinale , houseorgan del gruppo dei deputati azzurri, mette sull'avviso Fitto e i suoi: «In questo momento, e finché non sarà liberato Silvio Berlusconi da una catena ingiusta, spostare il cannone e tirare colpi contro la linea impressa con chiarezza da Silvio Berlusconi (insieme lealtà ai patti e opposizione) mettendo in dubbio la sostanza di queste scelte, è proprio sbagliato». Come insegna la storia recente, le spaccature interne al centrodestra indeboliscono un po' Berlusconi ma uccidono politicamente chi le fa.

Continuiamo così, facciamoci del male.

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