Cronaca internazionale

Una scossa e poi l'inferno Marocco, oltre mille morti. Distrutte decine di villaggi

Era dicembre quando le tv di tutto il pianeta trasmettevano le immagini del popolo marocchino in festa per l'impresa della nazionale di calcio ai mondiali del Qatar

Una scossa e poi l'inferno Marocco, oltre mille morti. Distrutte decine di villaggi

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Era dicembre quando le tv di tutto il pianeta trasmettevano le immagini del popolo marocchino in festa per l'impresa della nazionale di calcio ai mondiali del Qatar. Nove mesi dopo, le stesse città a cui il pallone aveva regalato una sana rispolverata di notorietà geografia sono state trascinate nel peggiore degli incubi. La terra ha tremato a lungo venerdì sera in Marocco, la scala Richter è arrivata a segnare magnitudo 7, mettendo in ginocchio Marrakech, Agadir, ed Essaouira, e seminando terrore anche a Rabat e a Casablanca. Il bilancio parziale è di 1.037 morti e di 1.204 feriti (almeno 700 in gravi condizioni). Le vittime che vengono estratte dalle macerie abitavano soprattutto nei piccoli centri rurali, dove le case sono in perenne costruzione (quindi più vulnerabili) per aggirare il pagamento delle tasse di proprietà. Uno stratagemma che in quest'occasione si è rivelato fatale.

I sismografi hanno rilevato la prima scossa alle 23.11, poco dopo la mezzanotte in Italia. È stata violentissima, ha toccato il grado 7 della scala Richter, è stata avvertita anche in Portogallo e in Algeria, e ha trasformato per almeno 30 secondi la zona ovest del Marocco in un'infernale centrifuga. Nelle ore successive altre due scosse di minore intensità hanno nuovamente investito il Maghreb, ma il danno maggiore era già stato arrecato. L'epicentro del sisma è stato individuato nella località di Talat N'Yaaqoub, 7mila anime aggrappate a 1.200 metri di altitudine, ai piedi dell'Atlante, nella provincia di Al Haouz. La catena montuosa, lunga 2.500 km, è stata compressa dal movimento tettonico della placca africana che ha spinto contro quella europea. Talat si trova a metà strada tra Marrakech e Agadir, le due città che hanno subìto i danni maggiori. Il terremoto è stato avvertito lungo tutta la dorsale montuosa, a Merzouga, una delle porte del deserto, Taroudant, la città mercato berbera che ha pagato il prezzo più alto in vittime (371), ma anche sull'altro versante della catena, a Casablanca, fino a Rabat e a Ouarzazate, famosa per essere stata set di film come Il Gladiatore e Guerre Stellari. Sono crollate le case d'argilla, quelle con il muro in paglia e fango. Nella medina di Marrakech, patrimonio Unesco, si sono sbriciolate le parti più fragili delle mura che circondano il centro storico e alcune abitazioni. Nella zona di piazza Jamaa el Fna ha tremato anche la celebre moschea della Koutubia, mentre risultano danni al «Café de France», già devastato il 28 aprile del 2011 da un attacco jihadista che provocò 18 morti. A Marrakech crepe si sono aperte nel campanile della chiesa cattolica di Gueliz. In migliaia si sono riversati per le strade della città nuova nel quartiere dell'Hivernage e nei vicoli della Medina.

Alle prime ore dell'alba, re Mohammed VI ha decretato tre giorni di lutto nazionale e lo stato di calamità, nominando il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Mohammed Berrid, comandante di tutte le emergenze, mentre il primo ministro Aziz Akhannouch, in diretta sulla tv nazionale 2M, ha invitato i cittadini a mantenere la calma e a donare il sangue nei centri preposti in tutto il Paese. Tra i primi a dare l'esempio l'ex calciatore dell'Inter, Achraf Hakimi. «Abbiamo attivato tutte le risorse disponibili per affrontare la tragedia e ordinato alle cliniche private di mettersi a disposizione e affiancare gli ospedali per il ricovero dei feriti», ha commentato Akhannouch. Purtroppo le squadre di soccorso continuano ad avere difficoltà a raggiungere le zone più colpite, perché le strade sono danneggiate e bloccate. Ci vorranno tra l'altro ancora ore per ripristinare le forniture di elettricità e acqua, mentre diversi tratti delle autostrade e delle linee ferroviarie sono stati chiusi al traffico. Caos e senso di smarrimento sono diffusi tra i turisti (i circa 500 italiani stanno bene), che hanno preso d'assalto gli aeroporti di Marrakech, Rabat e Casablanca per rientrare a casa. I tre hub sono agibili da un punto di vista strutturale, ma il sistema di prenotazioni è andato in tilt, costringendo buona parte delle compagnie a rinviare le partenze. Secondo Hossam Elsharkawi, direttore per il Nord Africa della Croce Rossa Internazionale, «il Marocco avrà bisogno di sostegni sanitari ed economici per mesi, se non addirittura anni».

La comunità internazionale è disponibile a mettere a disposizione ogni genere di aiuti.

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