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Se la coppia divorzia i nonni possono sempre far visita ai nipotini

I giudici danno ragione a un'anziana cui era stato negato il diritto di incontrare il bimbo

Se la coppia divorzia i nonni possono sempre far visita ai nipotini

Nino Materi

Se è vero - come sosteneva Calamandrei - che «gli eventi storici di un Paese si rispecchiano nelle sentenze», allora prendiamo atto (con soddisfazione) del «prevalente» ruolo sociale dei nonni: pregiata categoria che finisce sempre per essere tirata in ballo, sia quando si rischia di affondare (vedi capitolo «nonni con pensioni da fame») sia quando si tenta di galleggiare (confronta il paragrafo «nonni àncora di salvezza per famiglie in crisi»).

Non è raro infatti che ci siano nonni (almeno quelli che possono permetterselo) che continuano a dare la «paghetta» ai figli anche se questi hanno 50 anni passati. Per non parlare dei nonni che, oltre a dare ossigeno a bilanci familiari asmatici, offrono il loro tempo per «gestire» i nipoti: attività meritoria che pure questa si trasforma in un risparmio economico.

Ma non si vive solo di monetizzazione dei rapporti parentali. E che cavolo, ci sono pure i sentimenti. E su questo delicato crinale, ecco giungere dalla Corte di giustizia europea una sentenza che - dando ragione alla tesi di Calamandrei - attribuisce ai nonni uno status extragiudiziale dal notevole riverbero sociale.

Cosa statuisce il verdetto «C-335/17» in materia di «diritto di visita»? Che «tale diritto riguarda non solo i genitori ma anche altre persone importanti nelle relazioni personali dei minori, come appunto i nonni». Particolare importante: «Divorzi e separazioni non possono essere di ostacolo a tale diritto».

La pronuncia scaturisce dalla battaglia di una nonna, 78 anni, cittadina bulgara, che aveva avanzato la richiesta di vedere regolarmente il nipotino, 8 anni, residente in Grecia.

Dopo il divorzio dei genitori, il minore risiede abitualmente col padre in Grecia. L'istanza della nonna era di ottenere un diritto di visita nei confronti dei nipote, ma, non avendo ottenuto sostegno delle autorità greche, si era rivolta alla giustizia bulgara.

«Vorrei incontrare mio nipote un week-end al mese e ospitarlo a casa due volte all'anno per un periodo di due o tre settimane durante le sue vacanze del bimbo», aveva scritto la donna al Tribunale.

I giudici bulgari di primo grado e di appello hanno respinto la domanda per proprio difetto di competenza, in quanto un regolamento dell'Unione (regolamento Bruxelles II bis) prevede la competenza dei giudici dello Stato membro nel quale il minore risiede abitualmente, in questo caso quelli della Grecia.

La Corte suprema di cassazione delle Bulgaria ha portato il caso alla Corte di Giustizia per sapere se il regolamento europeo si applichi o meno al diritto di visita dei nonni.

Ora la Corte, dopo aver ricordato che questo regolamento «riguarda tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale e che il diritto di visita è considerato come una priorità», sottolinea che il legislatore dell'Unione «ha scelto di non limitare il numero di persone possibili titolari della responsabilità genitoriale o di un diritto di visita». Il motivo? «La continuità affettiva rappresenta un elemento fondante per la crescita del minore». Una verità ben nota a tutte le famiglie con prole, ma che ora ha anche il sigillo legale.

Con tanto di diritti e doveri.

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