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Se i 5S tacciono sui loro conflitti d'interesse

Se i 5S tacciono sui loro conflitti d'interesse

Sapessi com'è strano ritrovarsi 5 Stelle con il conflitto di interessi renziano. Com'erano pignoli e attenti i grillini d'opposizione, sempre pronti a denunciare porte girevoli e connivenze. Pare un secolo fa. E invece è solo un anno e spicci. È bastato accomodarsi dall'altro lato della barricata e il ditino sempre alzato si è ripiegato su se stesso, la guardia morale e moralista si è abbassata. E così, mentre scrivono altisonanti leggi «spazzacorrotti», ora i 5S di governo percorrono soavi i sentieri delle cariche incrociate come renziani qualunque. Succede nel cuore del magico mondo di Di Maio: all'Anpal, l'agenzia controllata dal ministro che coordina le politiche del lavoro (incluse quelle del reddito di cittadinanza, se mai si faranno), siede Mimmo Parisi il prof del Mississipi che, secondo Di Maio, rivoluzionerà la ricerca di lavoro in Italia. Il 27 luglio 2017, appena due anni fa, Nunzia Catalfo, fedelissima del leader grillino, e fino a pochi giorni fa anche uno dei probiviri del M5s, depositò in Senato l'atto ispettivo n. 3-03921 in cui, riprendendo un duro articolo di denuncia del Fatto Quotidiano, si criticava l'allora presidente dell'Anpal, il renziano Maurizio Del Conte, perché in conflitto di interesse in base alla legge Severino e all'Anac di Cantone, perché contemporaneamente capo di Anpal e della controllata a regime privatistico Anpal Servizi, che dalla prima riceve finanziamenti per centinaia di milioni e che Anpal dovrebbe controllare. Due anni dopo Nunzia Catalfo è a capo della Commissione lavoro del Senato ma non risultano denunce per il conflitto di interessi di Parisi, che ricopre le stesse cariche in conflitto di interessi di Del Conte (il quale nel frattempo è stato nominato a Milano capo di Afol metropolitana, che a sua volta finanziò come capo di Anpal). Ad Anpal arriva ora pure la nuova direttrice Paola Nicastro. Viene da Inapp, ente che valutava il lavoro di Anpal ma ne veniva finanziato. «Un assurdo mix di ruoli per chi siede ai vertici», scriveva il Fatto. Ora il Fatto non scrive più.

E i grillini tacciono e governano, più o meno.

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