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"Se lasciamo l'Europa aumenteremo le tasse e ridurremo i servizi"

Il ministro delle Finanze Osborne lancia l'allarme-recessione. E trova il sostegno dell'ex collega laburista Darling

"Se lasciamo l'Europa aumenteremo le tasse e ridurremo i servizi"

Londra - «Se usciamo dall'Europa saremo costretti ad aumentare le tasse e a tagliare i servizi». Ad affermarlo è stato ieri il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne e detta così che di un avvertimento sa di minaccia vera e propria. I sondaggi che danno i sostenitori di Leave in vantaggio di dieci punti stanno mettendo in seria difficoltà Downing Street che ora è pronta a giocare tutte le sue carte pur di evitare il peggio. Così ieri George Osborne ha annunciato che una vittoria di Brexit avrebbe effetti devastanti sull'economia nazionale e costringerebbe il Governo a ridurre ancora la spesa pubblica e ad incrementare le tasse. «In questo caso -ha detto -dovremmo pensare ad un Budget di emergenza per raccogliere quei 30 miliardi di buco prodotto dall'uscita dall'Unione».

Una fosca previsione condivisa anche dal predecessore di Osborne, l'ex ministro laburista Alistair Darling, in cui vengono inclusi pesanti tagli nel settore del servizio sanitario, in quello dell'istruzione e dei trasporti pubblici e delle forze di polizia. Secondo quanto spiegato da Osborne e Darling si tratta di cifre attendibili, basate su una stima effettuata dall'Istituto di Studi Fiscali che ha valutato l'impatto economico che Brexit avrebbe sul commercio, gli investimenti e le aliquote fiscali. Sempre lo stesso Istituto prevede che un simile disastro porterebbe ad altri due anni di austerità.

In un articolo a firma congiunta sul Times i due ministri convengono che lasciare l'Europa provocherebbe un profondo shock che riporterebbe la Gran Bretagna nella recessione da cui era appena uscita. «Sappiamo troppo bene che cosa accade quando il Paese perde il controllo delle sue finanze -scrivono - e siamo d'accordo nel ritenere che votare per l'uscita ci sottoporrebbe a questo stesso rischio». «Fuori dalla Comunità Europea - ha aggiunto Osborne ieri nel corso di una trasmissione radio - non saremmo in grado di permetterci i servizi pubblici che garantiamo al momento». Sarebbe forse più semplice convincere gli elettori se su Brexit la situazione all'interno dei due maggiori partiti non fosse così caotica. Sia i Conservatori che i Laburisti affermano di trovarsi dalla stessa parte in questo referendum, ma le cose non stanno esattamente così. Perché per ogni Osborne che viene in aiuto a Cameron esiste poi un Boris Johnson che gli fa la guerra passando insieme ad un altro ex ministro conservatore, Michael Gove, dall'altra parte della barricata. Perfino sulle strategie da adottare in caso di Brexit, le divisioni si fanno sentire. Ieri, ben 57 parlamentari dei Tories hanno dichiarato che non appoggeranno in alcun momento un budget d'emergenza. Posizione peraltro condivisa anche dal leader laburista Jeremy Corbyn a dimostrare che all'opposizione non se la passano meglio. Secondo alcuni sondaggi un terzo degli elettori laburisti sono pronti a votare Leave, perché spaventati dal problema dell'immigrazione. Così alcuni deputati del partito tra cui il vice di Corbyn, Tom Watson, ha chiesto che vengano messi dei limiti alla libera circolazione dei migranti nell'Unione, nel tentativo disperato di bloccare l'emorragia di voti. Corbyn però ha già detto che su questo punto non ci sta e quindi la manovra è fallita sul nascere.

Alleanze bislacche, insanabili fratture interne che rischiano soltanto di fare un favore ai sostenitori di Brexit.

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